Il presente articolo è apparso per la prima volta sul quotidiano Liberazione del giorno 30/10/2008.
 
LoScrittoio.it ringrazia Liberazione e l'Autore per l'amichevole autorizzazione alla pubblicazione dell' articolo anche sulle nostre pagine.


 
Le cavie da laboratorio non ci salvano la vita

 
Autore: Stefano Cagno - dirigente medico ospedaliero dell'ospedale di Vimercate

Se stiamo attenti alle notizie scientifiche che i mezzi di comunicazione di massa diffondono, ci accorgiamo che periodicamente enfatizzano risultati di test condotti sugli animali che rappresenterebbero un'importante premessa per applicazioni sulla nostra specie. Questo accade in particolare per quanto riguarda le patologie più diffuse o a cui l'opinione pubblica è più sensibile, come i tumori, l'Aids o la sclerosi multipla.
 
Ad esempio, il 31 marzo scorso un'equipe di ricercatori dell'Università della California, guidati da Valter Longo, ha rivelato come nei topi 48 ore di digiuno permettono di evitare gli effetti negativi della chemioterapia.
Il 18 ottobre l'Ansa passava la dichiarazione di Ruggero De Maria dell'Istituto Superiore di Sanità secondo cui «la possibilità di curare tumori aggressivi della prostata tramite la somministrazione di piccoli micro-Rna è stata confermata in test su animali di laboratorio e con questo bagaglio di conoscenze il cancro della prostata potrà essere sconfitto».
 
Purtroppo, di solito, dopo i grandi entusiasmi iniziali e i clamori mediatici, il sipario cala e con esso anche l'oblio sulle "grandi scoperte". Tuttavia in questi casi a molte persone rimane l'idea e il ricordo che grazie al sacrificio (i ricercatori usano proprio questo termine di sapore religioso) degli animali da esperimento, lo scienza ha fatto passi avanti.
 
Se andiamo indietro nel tempo, potremmo proporre un numero infinito d'esempi della fine che hanno fatto tali mirabolanti notizie.
Nel maggio 1977, un gruppo di scienziati australiani dopo aveva messo a punto una tecnica di ricostruzione muscolare sui cani, affermava: «Abbiamo ottenuto questi risultati: in quasi il 100% dei casi l'arto ha riacquistato la sua funzione, e l'aspetto esteriore è molto simile a quello normale. Ci sembra di poter affermare che rimane da compiere solo un passo, piccolo è sicuro, per poter effettuare questi interventi sugli esseri umani». Chi soffre di distrofia muscolare aspetta ancora con pazienza questo "piccolo" passo.

Negli anni passati circa 100 sostanze si sono dimostrate terapeutiche negli animali affetti da encefalite allergica sperimentale, ossia nel modello animale più utilizzato per studiare la sclerosi multipla. Nessuna di queste sostanze è ora utilizzata sui pazienti. Al contrario, il Copolimero, farmaco di prima scelta per la cura della malattia, è stato scoperto casualmente come terapia efficace. In realtà era stato sintetizzato per causare la patologia negli animali. Intanto i pazienti, almeno quelli sopravvissuti, continuano ad aspettare fiduciosi il contributo degli animali nella cura della loro malattia.

Negli anni Ottanta, quando ero ancora studente, era stato dato gran risalto alla notizia secondo cui l'Interleukina avrebbe potuto curare il cancro. Nel 2008 questa patologia è in costante aumento, mietendo sempre più vittime e la maggiore possibilità di sopravvivenza è legata soprattutto alla prevenzione, ossia alla scoperta precoce dei tumori, ma dell'Interleukina si sono perse le tracce. Ciò nonostante ogni anno un numero enorme d'animali continua ad essere ucciso per scoprire i meccanismi che provocano i tumori, nonostante si sappia che l'85% di essi può essere evitato eliminando i fattori ambientali che li causano, scoperte queste ultime ottenute grazie a ricerche epidemiologiche.
Malgrado non sia mai stata dimostrata la validità scientifica della vivisezione, molti ricercatori e la maggioranza dei mezzi di comunicazione di massa hanno sempre enfatizzato le "prodigiose" scoperte ottenute grazie alle cavie da laboratorio, dimenticando però, spesso, di verificare se tali risultati erano poi nel tempo confermati anche nella nostra specie.
 
Così, non c'è nulla di più pericoloso di una bugia ripetuta molte volte da molte persone, peggio ancora se queste, godendo di stima sociale, sono considerate autorevoli. La storia e l'affidabilità della vivisezione potrebbero essere racchiuse proprio in questo concetto.

E il pesante conto è pagato dagli animali, ma anche dai malati che sono quasi quotidianamente illusi da notizie importanti solo per chi le diffonde. A tutti ciascuno di noi tocca infine pagare il prezzo del rallentamento della ricerca provocato da un modello sperimentale che non poggia su basi scientifiche.