La sfida antropologica emersa dal Social Forum: riscoprire la fraternità

 

Autore: Stefano Ceccatelli

"Quegli aerei che si avventavano contro
le altere torri,
quel volo a capofitto di vite umane
contro altre vite
La mente vacilla, l'anima è soverchiata, oppressa
Si preparano, forse sono già venuti,
tempi in cui sarà richiesto
agli uomini di essere altri
da come noi siamo stati. Come?"

Dopo aver partecipato a uno dei seminari del Social Forum Europeo di Firenze, recentemente conclusosi, mi sono tornate in mente queste parole del poeta Mario Luzi scritte all'indomani dell'11 Settembre 2001.
Il seminario si intitolava "Economia di Comunione: proposta per un nuovo agire economico" e presentava un modello di agire economico improntato alla gratuità, all'apertura verso l'altro, ai valori etici, pur agendo in settori economici principalmente for profit.

A tale progetto, nato in Brasile nel 1991 per iniziativa di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, hanno aderito finora, a 11 anni dalla nascita, 770 aziende distribuite nei cinque continenti.

Non si tratta di una nicchia in qualche modo protetta dalle intemperie del mercato perché tali ditte non ricevono dalle banche finanziamenti agevolati, devono essere competitive, e comunque sono esposte, al pari delle altre ditte, alle congiunture del mercato.
Eppure sono imprese che hanno "cambiato pelle", perché hanno messo al centro del loro agire la persona, e non soltanto il profitto, e ora si sforzano di costruire legami di fraternità sia all'interno che all'esterno dell'azienda.

Nel corso del seminario i vari oratori che si sono alternati (spiccavano, fra essi, il Presidente della regione toscana Claudio Martini, l'ex sindaco di Firenze ed attuale presidente della Fondazione La Pira Mario Primicerio, il missionario comboniano Alex Zanotelli, gli economisti Luigino Bruni e Stefano Zamagni, nonché numerosi imprenditori e sociologi) hanno ripetutamente sottolineato che questo "laboratorio" dell' Economia di Comunione potrà avere successo solo se si unirà alle altre esperienze innovative che operano in campo economico e sociale; a patto che anch'esse si richiamino a principi simili a quelli sopra accennati, ed in primo luogo alla centralità della persona e alla solidarietà.

Ma, si dirà, cosa c'entra tutto questo con i versi di Mario Luzi sopra richiamati?
In effetti, quei versi sembrano rimarcare che, come hanno sottolineato anche i vari oratori del seminario, nessuna Economia di Comunione si potrà realizzare senza una vera e propria rivoluzione antropologica che l'accompagni. Ogni grande innovazione nella sfera economica e sociale, infatti, è sempre stata accompagnata da un'adeguata elaborazione culturale.

L'Economia di comunione pone, dunque, una "sfida antropologica". Ma quali sono i contorni di questa sfida?
In una recente intervista, Michel Camdessus, che per dodici anni ha ricoperto il ruolo di Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), una delle più prestigiose (e criticate) istituzioni economiche mondiali, ha espresso la convinzione che solo la riscoperta della fraternità da parte della società civile, potrà sostenere la nascita di un'economia autenticamente solidale.

Fraternità è uno dei cardini del famosissimo trittico (libertà, uguaglianza, fraternità) che troviamo all'inizio di quella parabola illuministica da cui è scaturita la società moderna. Ora che tale parabola è giunta al termine, sarà bene ripartire proprio dal trittico che l'aveva inaugurata e mostrare che, innestata sulla pianta della "sola ragione" illuministica, mai e poi mai la fraternità avrebbe potuto svilupparsi.

Articolerò il mio ragionamento su tre punti, che per ragioni di spazio cercherò di riassumere in maniera concisa:

1) La grande Rivoluzione del 1789, con cui abitualmente si fa iniziare quel trittico, mise a fuoco in realtà soltanto i primi due capisaldi di esso, lasciando la fraternità decisamente nell'ombra. Infatti, il Giuramento civico dell'Agosto 1792, che divenne l'espressione ufficiale e più duratura della Rivoluzione, tanto da essere impressa anche sulle monete, così recitava: "Giuro di essere fedele alla Nazione, e di mantenere la Libertà e l'Uguaglianza, o di morire nel difenderle".

2) Inaugurando la fase del cosiddetto "Terrore", Maximilian de Robespierre prese posizione, nel 1794, contro i banchetti patriottici che si tenevano occasionalmente nelle strade allo scopo di far fraternizzare la gente. A suo modo di vedere, infatti, la fraternità non poteva essere estesa agli aristocratici e ai moderati, che egli aveva visto talvolta partecipare ai banchetti. Il "Terrore" vero e proprio avrebbe poi rivelato ai francesi le forme estreme della guerra civile, rendendo impossibile prendere sul serio la fraternità.

3) Ma anche prima dello scoppio della Rivoluzione francese, durante il cosiddetto secolo dei "Lumi", il valore della fraternità, il valore cristiano per eccellenza, nelle teorie proposte dagli illuministi aveva perso la sua centralità e la sua dimensione universale. Jean Jacques Rousseau, tanto per e semplificare, riteneva che la fraternità dovesse essere rivolta ai soli concittadini, al fine di rafforzare il senso civico all'interno dei confini della nazione. Altrimenti c'era il rischio, secondo l'illuminista ginevrino, che di fronte a questo valore universale, la coesione civica interna allo stato avesse a rimetterci.

Il terzo principio del trittico, ma un discorso analogo si potrebbe fare anche per gli altri due, dimostra di non avere possibilità di sviluppo e di espansione se viene impiantato sul tronco della "sola ragione" degli illuministi.

La "sola ragione" manifesta limiti troppo evidenti.
Oggi si sente il bisogno di una intelligenza di tipo nuovo, in cui l'amore ed il pensiero, il cuore e la ragione, il mondo dell'affettività e quello dell'intelletto, non siano più contrapposti.
La cultura del dare, questa cultura nuova di cui parlavano gli esperti dell'Economia di Comunione, non potrà essere partorita dalla "sola ragione". Occorre allora riscoprire la fraternità, in quella dimensione universale che è tipica del Cristianesimo e delle altre grandi religioni dell'umanità.

E' questa fraternità che sola può generare il clima di altruismo richiesto da una cultura del dare.
E' questa fraternità, forse, che sola può rispondere a quella sfida antropologica lanciata dal Social Forum di Firenze ed emblematicamente racchiusa in quel "Come?" del poeta Mario Luzi.

 

Bibliografia

Su questa strada dell'educazione alla fraternità e all'altruismo si è posta, da tempo, la casa editrice Erickson con diverse pubblicazioni tra cui raccomando, in modo particolare Michele De Beni, Educare all'altruismo, Trento, 2000.

Chi invece fosse interessato ad approfondire gli aspetti storici di questa riscoperta della fraternità può leggere gli articoli del Prof. Antonio Maria Baggio, ed in modo particolare "Tra due rivoluzioni" e "La riscoperta della fraternità" in "Città Nuova, XLVI, 20-21, 2002.