Educazione come amore nella storia della pedagogia occidentale.

Autore: Stefano Ceccatelli

 

Vorrei offrire qualche spunto educativo a chi, come me, è impegnato in questo difficile campo, in tempi di "notte" culturale, al fine di ritrovare, guardando al passato, bagliori di luce per il futuro.

Agostino di Ippona (354-430)
Secondo lui il vero insegnante (maestro esteriore) è colui che aiuta i suoi studenti a ricercare il Maestro interiore (l'Assoluto che vive dentro ognuno di loro). Bisogna abituare a guardarsi dentro ("Non voler uscire fuori di te, ritorna in te stesso: nell'uomo interiore abita la Verità" De vera religione,39,72). E' la via notturna, una via mistica, che conduce a ricercare il centro del nostro essere, il cuore, la vera interiorità. Sarebbe importante ricominciare a guardare i nostri studenti negli occhi, nel profondo, nella verità, dove ognuno è sé stesso.
Il culto del Maestro interiore è interessante anche oggi, nella nostra società globalizzata, perché questa particolare via di conoscenza è presente anche presso i sufi islamici, nello zen giapponese, presso i sapienti indiani e cinesi e in molte altre culture.
Ma Agostino aggiunge una precisazione importante: "non si entra nella Verità se non attraverso l'Amore" (Contro Fausto,32,18); è fondamentale che l'educatore si doni senza riserve agli studenti, e gioiosamente.

Anselmo d'Aosta (1033-1109)
Questo tema della gioia, del donarsi con gioia
è ripreso anche da S.Anselmo. Il suo biografo Eadmero, che nella vita fu anche il segretario personale di Anselmo quando questi era Arcivescovo di Canterbury, ci dice una nota saliente del suo carattere: Anselmo era molto più legato alle persone che ai libri.
Per 30 anni insegnò in Francia e fu un professore di grande umanità.
Gli allievi, secondo Anselmo, avevano bisogno soprattutto di dolcezza, di comprensione e di bontà (Eadmero, Vita Anselmi). Ma il contrassegno distintivo della vera educazione è il clima di gioia che si instaura fra persone che si vogliono bene.

Vittorino da Feltre (1375 ca.-1446)
Un suo importante biografo ce lo descrive come uomo energico e autorevole, temperamento focoso e passionale.
Doveva essere un insegnante abituato a pretendere molto dai suoi alunni. Al tempo stesso, tuttavia, Vittorino ci viene descritto come un educatore che trovava sempre il tempo per giocare e scherzare con loro.
Fu capace di rompere i rigidi schemi del suo tempo, basati sulla separazione fra le classi sociali, e di creare una scuola originale (la Ca' Gioiosa, a Mantova) nella quale, per la prima volta, si mettevano insieme i figli dei nobili e i più meritevoli tra i figli delle famiglie del popolo.

Amos Comenio (1592-1670)
Pedagogista ceco, considerato l'iniziatore della pedagogia moderna, lavorò a lungo in Olanda.
Fu il primo a aprire le scuole anche alle ragazze, che finora rimanevano escluse.
Attento a ogni tappa dello sviluppo evolutivo del bambino, Comenio ideò una scuola per cicli (primario, elementare, media, superiore) che è alla base degli moderni sistemi d'istruzione.
Elaborò uno stile pedagogico basato sulla fraternità, nella consapevolezza che è presente un Dio che è Padre di tutti.

 

Enrico Pestalozzi (1746-1827)
Svizzero di origine italiana, fu influenzato dalle idee del suo connazionale Rousseau, uno dei maggiori filosofi dell'Illuminismo.
La sua casa divenne una scuola davvero particolare, nella quale accoglieva bambini raccolti dalla strada. Per educarli non esitò a sacrificare gran parte del patrimonio di famiglia.
Si prese cura di questi bambini poverissimi ed elaborò una pedagogia che si fonda sulla concretezza dell'amore materno.

 

Maria Montessori (1870-1952)
Un cenno a parte merita Maria Montessori, prima donna italiana laureatasi in medicina nel 1896 e prima a occuparsi dei bambini oggi considerati "diversamente abili".
Fulcro del suo pensiero è la convinzione che, posti i bambini in un ambiente familiare, adatto e accogliente, anche i più problematici di essi svilupperanno la loro intelligenza affettiva e la loro creatività.
E in tal modo anche il loro comportamento potrà essere gradualmente ricondotto fino a un livello "normale".
Il tempo le ha dato ragione e forse è anche merito suo se l'Italia è stato il primo paese al mondo a dotarsi di una legge sull'integrazione scolastica di questi soggetti.

 

E siamo così arrivati ai nostri giorni. E ora il discorso diventa più complesso perché i grandi pedagogisti contemporanei come il brasiliano Paulo Freire (1921-1997) e l'italiano Don Lorenzo Milani (1923-1967), con i loro scritti e con le loro testimonianze, hanno toccato e toccano i nervi scoperti della società attuale, i suoi punti deboli.
Per entrambi non si dà autentica educazione che non sia anche educazione politica, nel senso nobile del termine. Al tempo stesso entrambi sono sostenitori di una pedagogia fortemente legata all'impegno sociale e culturale. Entrambi infine sono molto critici nei confronti dell'attuale struttura di potere (rigida, verticale, autoritaria, oppressiva). Dalla quale discende necessariamente, secondo questi autori, un'educazione che non è autentica educazione.
Io non ho la pretesa di riassumere il loro pensiero, così complesso e sfaccettato. Credo che alcune loro frasi riassumano molto più che tanti discorsi i capisaldi del loro pensiero.
Capisaldi che sono tre:
la connessione fra educazione e politica
Freire: "Non esiste un'educazione neutrale: non c'è dubbio che la dimensione educativa è, per sua natura, politica" (citato dal suo libro Pedagogia degli oppressi).
Don Milani: "Qualunque cosa dobbiamo desiderare per i nostri ragazzi fuorchè una scuola che educhi all'indifferenza politica". (Lettera a una professoressa)
La scelta degli ultimi
Qui basterà ricordare che Don Milani fu esiliato in una minuscola parrocchia di campagna per aver preso posizione nei confronti degli ultimi, mentre Freire fu incarcerato come sovversivo e costretto a emigrare in Cile per aver condotto una campagna di alfabetizzazione degli adulti.
La centralità del dialogo
Diceva don Milani agli amati allievi di Barbiana: "non potrete far nulla per il prossimo, in nessun campo, finchè non saprete comunicare". (citazione da una lettera di Don Milani)

Vorrei concludere con una frase di Don Milani sulla pedagogia che ci aiuta a capire quanto debba essere concreto e continuo questo amore pedagogico: "La pedagogia ­ diceva nel finale della sua Lettera a una professoressa ­ ha da insegnarci una cosa sola: che i ragazzi sono tutti diversi e che ogni momento dello stesso ragazzo è diverso". Se è così, allora l'educatore non deve smettere mai di amare, deve amare in ogni attimo presente, ogni momento nel modo in cui le circostanze concrete lo richiedono: esortando, ammonendo, spronando, rimproverandoma sempre per amore.