Autore: Stefano Ceccatelli

INTELLIGENZA ARTIFICIALE ? -

Con l'avvento della rivoluzione informatica, nella seconda metà del XX secolo, si è accesa una discussione senza fine tra scienziati, matematici, filosofi e teologi riguardo alla cosiddetta intelligenza artificiale, discussione che, partita in sordina, ha finito con il diventare di interesse generale. Anche sul giornale di ieri (La Repubblica del 28/08/2000) era riportata la notizia che un appassionato di intelligenza artificiale britannico starebbe lavorando a costruire il primo robot al mondo capace di pensare e agire in modo autonomo; tale "creatura intelligente" avrebbe già, continua il giornale, le fattezze di un orangutan (sic).
Scienza o fantascienza? Le domande da porsi appaiono queste: sarà possibile, con il progresso della scienza, costruire un cervello elettronico così avanzato da riprodurre e anche superare le capacità del cervello umano? E, cosa ancor più interessante da un punto di vista filosofico, in un cervello elettronico così strutturato potranno manifestarsi quei fenomeni di autocoscienza, fantasia, intelligenza, libertà, creatività, così tipici della mente umana?
Il punto di partenza per rispondere a queste domande, è conoscere il Sistema Nervoso Centrale (SNC) dell'uomo. Lascio qui la parola ad un vero esperto in materia, il genetista francese Albert Jacquard, docente universitario e autore di numerosi saggi divulgativi che in Francia sono divenuti veri e propri bestsellers. Nel suo ultimo libro, dal titolo L'equazione della ninfea, Jacquard afferma che il numero delle cellule (i neuroni) del SNC dell'uomo ha registrato una crescita sbalorditiva durante l'evoluzione del sistema nervoso dei mammiferi. Si pensi che per l'insieme del SNC dell'uomo, il numero dei neuroni è dell'ordine delle centinaia di miliardi, di contro ai circa 5 miliardi presenti nello scimpanzé. Ancora più sbalorditivo, prosegue Jacquard, è il numero delle connessioni (le sinapsi) che si generano fra i vari neuroni, numero che raggiunge, per l'intero impianto neuronale, al momento della pubertà, il milione di miliardi. L'esempio portato da Jacquard, per farci sentire più da vicino cosa rappresenti un numero così inimmaginabile di connessioni è illuminante: dividendo "il calcolo dei secondi che passano dalla nascita alla pubertà (circa 500 milioni) per il numero definitivo delle sinapsi, risulta che, in ogni secondo, il bambino aumenta il proprio patrimonio cerebrale di parecchi milioni di connessioni!
Per ora, dunque, l'intelligenza naturale appare enormemente in vantaggio su quella artificiale. Il numero delle informazioni elaborabili da un computer di ultima generazione, anche se altissimo, è infatti immensamente inferiore al numero di informazioni che elabora un cervello umano; inoltre il computer riproduce, anche se in modo molto più rapido e perfezionato, solo alcune delle operazioni logiche attuate dalla nostra mente.
Non è comunque proibito pensare, che con i rapidissimi progressi della scienza, diventi possibile, in futuro, per un computer, ripetere tutte le operazioni della mente umana. Si creerà allora un'intelligenza artificiale, cioè provocata da noi? Rispondere a questa domanda non è semplice ma c'è un fatto che induce ad essere scettici. Studi recenti di logica formale (quella stessa secondo cui operano i cervelli ed i computers) hanno dimostrato l'impossibilità che in un sistema finito di elementi (neuroni o transistors che siano) possa emergere spontaneamente un tipo di coscienza come quella che si ritrova in noi uomini. Nel caso degli uomini, tuttavia, precisamente questo accade: essi diventano individualmente capaci di coscienza. Vale a dire che non soltanto sono, ma sanno di essere.
Davanti a ciò la scienza rimane sconcertata; stando alle attuali conoscenze logico-matematiche, nessun sistema di elementi, fosse anche il più vasto, può esprimere ragionamenti contenenti al loro interno la consapevolezza che tali ragionamenti sono veri. Esso può fare le deduzioni logiche più complesse, questo sì, ma non può avere la consapevolezza diretta della loro verità. Eppure se tutto questo si applica benissimo ai computers, nel sistema umano non avviene così. I nostri ragionamenti, le nostre deduzioni logiche, sono continuamente accompagnate da un fatto di coscienza che ne percepisce la coerenza. Nella mente umana è possibile una operazione continua di riflessione del sistema su se stesso che gli dà la percezione della verità o meno di una dimostrazione. A spiegare tale evento la scienza, a dire il vero, risulta impotente, poiché esso, per dirla con Jacquard, non sembra riducibile ai processi biologici.
Per sfuggire a un interrogativo che appare senza risposta, si avrebbe la tentazione di menzionare un principio trascendente, una "informazione" venuta da fuori, un'anima. Lo scienziato non può argomentare né pro né contro l'esistenza di una tale "informazione", incapace com'è di precisarne la minima caratteristica. Preferisce cercare per altra via una spiegazione dell'insorgere nell'uomo della coscienza. Una logica via d'uscita viene offerta dalla constatazione di un fatto permanente: quando più elementi si uniscono per formare un insieme globale, questo insieme risulta essere qualcosa di nuovo con proprietà e attività proprie; in una parola, con una natura propria completamente diversa e altra da quella delle parti che lo compongono. Per esempio: una molecola d'acqua è tutt'altra cosa degli atomi ossigeno e idrogeno che la compongono. La stessa cosa vale per gli uomini; anch'essi sono elementi di un insieme più vasto, la comunità umana, nella quale incontrano gli sguardi degli altri e da individui diventano persone. La comunità umana, proprio in virtù della reciprocità degli scambi e delle relazioni, costituisce un insieme complesso dotato di proprietà non possedute da nessun uomo, ma di cui ognuno è beneficiario in quanto elemento dell'insieme. Una delle proprietà della comunità potrebbe allora essere, a sentire Jacquard, la capacità di far emergere in ogni persona la coscienza. Ciascun essere umano è legato agli altri da rapporti di reciprocità. Ma ciò che avviene in questa dimensione terza della reciprocità, "tra" l'io e l'altro, rimane ancora tutto da scoprire, anche se il tema ha già suscitato l'attenzione di eccellenti filosofi, come ad esempio Martin Buber e Karl Popper. Studi recenti di epistemologia stanno considerando con interesse la prospettiva secondo cui la mente, gli stati mentali e il loro organizzarsi trarrebbero in parte origine da questa essenziale realtà-terza costituita dalla reciprocità. Si tratta di una pista di ricerca ricca di suggestioni che, però, ha attirato in modo ancora insufficiente l'interesse degli scienziati.
Resta il fatto che l'analogia mente-computer, per i motivi suddetti, se presa alla lettera, può risultare fuorviante. Forse è più realistico pensare, che i computers, pur nelle loro spettacolose realizzazioni, rimarranno anche in futuro dei meravigliosi strumenti per l'intelligenza umana, che da essi riceverà sconfinate possibilità di elaborazione nel campo del pensiero e dell'azione.

 

 

 

PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE:

1) Karl Popper, Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, Roma, Armando, 1975.
2) Albert Jacquard, L'equazione della ninfea, Casale Monferrato, Piemme, 1999.
3) Piero Pasolini, Le grandi idee che hanno rivoluzionato la scienza nell'ultimo secolo, Roma, Città Nuova, 1976.
4) Pietro Andrea Cavaleri, "Verso una psicologia in dialogo" in "Nuova umanità" XXII 129-130, 2000/3-4, pp.409-445.
5) Martin Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo, Paoline, 1993.