DARWIN, MONOD E LA FILOSOFIA DEL "CASO" -
Stefano Ceccatelli
Sulla scia di Charles Darwin, diversi scienziati, anche nel
secolo XX, hanno spiegato il fatto dell'evoluzione come un intreccio
di eventi dominati dal caso e dalla selezione naturale. Come argomenta
uno dei principali esponenti di questa corrente neodarwinista,
Jacques Monod, premio Nobel per la medicina nel 1965 per le sue
scoperte relative alla genetica molecolare, se tutto è
determinato dal caso, se il principio che regge l'infinitamente
piccolo, vale a dire il mondo subatomico, è il principio
di indeterminazione di Heisenberg, questo significa che non c'è
un progetto, un disegno, una finalità nella trama degli
eventi del mondo, e che, di conseguenza, non c'è posto
per un Programmatore. Anche la più minuscola variazione
del DNA è un fatto microscopico, quantistico, a cui deve
essere applicato il Principio di indeterminazione, e pertanto
essa è un avvenimento imprevedibile per natura propria.
"Queste mutazioni - prosegue Monod - sono accidentali, avvengono
a caso. E poiché esse rappresentano la sola fonte di modificazione
del testo genetico, a sua volta unico depositario delle strutture
ereditarie dell'organismo, ne consegue necessariamente che soltanto
il caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione
nella Biosfera".1 La conclusione che, con un brusco salto
filosofico, Monod trae da tutto ciò è ben nota:
"L'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità
indifferente dell'universo, da cui è emerso per caso. Il
suo dovere, come il suo destino non è scritto in alcun
luogo".2
Dio sconfitto dal caso; l'universo non sarebbe che una immensa
lotteria.
Le cose in realtà non sono affatto così semplici.
Occorre stare molto attenti quando si parla di caso in questioni
che riguardano la scienza perché il concetto di caso può,
attraverso varie sfumature, assumere significati molto diversi,
fino a dar luogo ad un'assai poco attendibile 'filosofia del caso'.
Giusto per intendersi, potremmo convenire di parlare di "caso
statistico", quando si tratta di probabilità accertabili,
quantificabili, e di "caso assoluto", quando si tratta
di totale, estrema indeterminazione.
Il caso statistico è perfettamente compatibile con la scienza.
La statistica, scienza della probabilità, mostra infatti
come si possa giungere a situazioni di ordine anche partendo dal
caso. "Se (esempio banale) getto in aria mille volte una
moneta perfettamente simmetrica, prevedo "con sicurezza"
che almeno per 453 volte uscirà testa, per 453 volte uscirà
croce e solo su un massimo di 94 casi resto incerto".3 Allo
stesso modo, nel mondo subatomico il combinarsi degli atomi, delle
molecole, dei quanti di energia, segue le ferree regole della
probabilità statistica, le quali governano tali eventi
con certezza assoluta.
Se il "caso statistico" è assai utile alla scienza,
perché permette di spiegare non solo l'organizzazione chimica
degli atomi ma anche quella di strutture chimiche molto più
complesse, tuttavia esso non sembra essere più di alcun
aiuto quando si tratti di spiegare l'organizzazione delle prime
forme di vita. Qui avviene uno scatto: al caso statistico subentra
il caso assoluto, un caso non più di natura matematica
ma di natura filosofica, un caso che nessuna statistica è
più in grado di sondare.
Darwin pensava di spiegare tutto, anche le forme viventi, come
gioco del caso assoluto e della selezione naturale; cioè
sarebbero potute andare avanti solo le combinazioni migliori uscite
alla grande lotteria dell'esistenza. Nell'ottica del grande naturalista
inglese sarebbe stato a furia di casi che si sarebbero organizzati
progetti come, ad esempio, quello che può far comparire
le ali a un uccello o un occhio a un animale, per non parlare
della crescita psichica e della comparsa del Sistema Nervoso Centrale
dell'uomo. A ben vedere nemmeno Darwin era del tutto persuaso
che le cose fossero state così casuali. L'evoluzione dell'occhio
lo aveva colpito particolarmente e davvero non riusciva a immaginare
che qualcosa di così armonioso e "programmato"
potesse essere nato soltanto per effetto del caso e della selezione
naturale. La sua grande sensibilità, d'altronde, gli aveva
permesso innumerevoli volte di cogliere l'armonia, l'ordine, la
perfezione, presenti in natura.
Riporto solo qualche breve passo tratto dal diario che il giovane
Darwin annotava ai tempi del suo viaggio naturalistico a bordo
del brigantino "Beagle": "La giornata è
trascorsa deliziosamente. La parola delizia è però
debole per esprimere i sentimenti di un naturalista che ha passeggiato
per la prima volta in una foresta brasiliana. L'eleganza delle
erbe, la novità delle piante parassite, la bellezza dei
fiori, il verde splendente del fogliame, ma soprattutto la rigogliosità
della vegetazione, mi colpirono di ammirazionePer una persona
appassionata di storia naturale, una giornata trascorsa in quei
luoghi procura un piacere così profondo da non poter sperare
di goderne altrettanto in futuro" (29/02/1832);4
"Alla fine delle giornate più calde, era delizioso
sedere tranquillamente in giardino e osservare la sera tramutarsi
in notte. La natura, in questi climi, sceglie spesso i suoi cantori
fra artisti più umili che non in Europa. Essicantano in
armonia su note diverse" (19/04/1832);5
"Seguendo un sentiero entrai in una foresta maestosa e
all'altezza di 150 o 180 mt. mi si presentò una di quelle
splendide vedute, così comuni in tutti i dintorni di Rio.
A quest'altezza il paesaggio assume la sua tinta più brillante
e ogni forma e ogni ombra sorpassano talmente in magnificenza
tutto quello che un europeo ha mai veduto nel suo paese, che egli
non sa come esprimere i suoi sentimenti. L'effetto generale mi
ricordava spesso gli scenari più sfarzosi dell'Opera, o
di altri grandi teatri"(19/04/1832).6
Assai spesso, nel suo diario, Darwin ricorre a termini come sublime,
meraviglioso, delizioso, per caratterizzare le sue impressioni
e i suoi sentimenti di fronte al grande spettacolo della natura.
Essi sono un indice sicuro della sua meraviglia e del suo entusiasmo
al cospetto di tale immenso 'teatro', in sintonia con gli ideali
della contemporanea cultura romantica. Voglio dire che non c'è
soltanto il Darwin positivista, interessato solo alla selezione,
agli aspetti disarmonici, alla lotta per la sopravvivenza in un
universo gelido e inospitale. E' implicito nelle sue annotazioni
di viaggio che un ecosistema così ordinato, autoregolato,
finalizzato, come la foresta brasiliana non può essere
stato formato dal caso. Sarebbe come pensare che col rimescolare
in infiniti modi miliardi e miliardi di pezzi meccanici d'ogni
tipi, avvenisse, per caso, il prodursi di alcune automobili pronte
su strada. Anche nella più breve catena di DNA di un virus
compare un qualcosa di simile a un progetto (così come
nell'automobile) che non può essere assolutamente giustificato
dal caso assoluto. Bisogna avere una incredibile dose di ottimismo
per pensare che, attraverso un numero enorme di casi assoluti
abbia potuto formarsi il DNA umano, coi suoi miliardi di precise
programmazioni, tutte ben coordinate e finalizzate a tal punto
da costruire cellula per cellula un uomo, con tutte le sue infinite
strutture perfettamente armonizzate e funzionanti.
Talvolta anche i grandi scienziati cercano di arrampicarsi sugli
specchi pur di evitare di spiegare i fatti facendo ricorso a interventi
intenzionali dovuti ad entità soprannaturali. Se per un
verso questo metodo risulta condivisibile, essendo la fede e la
scienza ambiti distinti ed essendo perciò inaccettabile
per la scienza ricercare cause religiose, per altro verso è
altrettanto inaccettabile che uno scienziato, per spiegare gli
stessi fatti, faccia ricorso a una filosofia del caso assoluto,
che per la sua improbabilità appare fuori di ogni logica.
Meglio sarebbe per la scienza mostrarsi umile e riconoscersi piccola
di fronte al Mistero di un universo che pare costruito e regolato
con una precisione inimmaginabile proprio per ospitare
la Vita. Perché se proprio vogliamo metterci a far filosofia,
allora c'è un punto sul quale va posto l'accento con forza:
se è vero, come è vero, che basterebbe modificare
di pochissimo i valori delle forze fondamentali che reggono l'universo
per rendere di colpo il nostro pianeta inaccessibile alla vita,
allora "è quasi impossibile, per chiunque, sottrarsi
alla precisa sensazione di avvertire vicina, a due passi, la presenza
di un mondo di trascendenza in cui ogni cosa troverebbe la sua
logica".7