QUALCOSA NON TORNA NELLA TEORIA DI DARWIN

AUTORE: STEFANO CECCATELLI

 

 

Il successo del darwinismo nella seconda metà dell'Ottocento fu schiacciante, nonostante gli attacchi di molti contemporanei e l'opposizione della Chiesa. D'altra parte si era allora in piena "rivoluzione biologica", anche grazie alle scoperte nei campi della genetica e della teoria della cellula, e non doveva esser facile per uno scienziato mantenere una posizione equilibrata.
Nel Novecento la teoria di Darwin ha subito numerose modifiche e integrazioni ma, sostanzialmente, é rimasta ancorata al primitivo nucleo: mutazioni casuali e selezione naturale del più efficiente. Tale teoria, col nome di neodarwinismo, ha tenuto banco per tutto il XX secolo, tant'é vero che essa é ormai divenuta familiare anche all'uomo della strada. Questi, purtroppo, l'ha interiorizzata e fatta propria in maniera acritica, essendo tuttora convinto che Darwin abbia dimostrato col più assoluto rigore la nostra discendenza dalle scimmie.
In realtà, a dispetto dei fiumi d'inchiostro che su di essa sono stati versati, molte cose non tornano nella teoria di Darwin.
Non c'é dubbio che il fatto dell'evoluzione sia incontrovertibile. Fin dai tempi di Darwin, e poi in ben più larga misura nel XX secolo, antropologi e paleontologi hanno trovato una ricca messe di testimonianze fossili che dimostrano la tesi di un progressivo sviluppo della materia vivente verso la forma attuale. Da questo punto di vista i meriti di Darwin sono indiscutibili ed imperituri. Sono altre le pecche che la sua teoria lascia sussistere: lacune, buchi neri, salti improvvisi, anelli mancanti, che riguardano in primo luogo i meccanismi dell'evoluzione e la sua ragion d'essere (o la non ragion d'essere, come affermavano Darwin e, più recentemente, Monod).
In un prossimo articolo avrò modo di tornare su questi argomenti, interessanti sia per gli scienziati sia per i filosofi e i teologi. Un punto, tuttavia, deve esser chiaro fin da subito: il neodarwinismo non é per nulla una teoria scientifica rigorosa. Tutt'al più una pista di ricerca, un'ipotesi da seguire. Da questo punto di vista ha ragione Antonino Zichichi che in un suo recente libro (A. Zichichi, Perché credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore, Milano, 1999) offre interessanti spunti di riflessione su queste tematiche.
Egli afferma che una teoria può esser detta scientifica a tutti gli effetti solo quando le sue leggi, formulate in termini matematici, sono basate su esperimenti riproducibili da chiunque in qualunque momento in un qualsiasi laboratorio. Nel caso dell'evoluzione, siamo in presenza di speculazioni teoriche che non si fondano minimamente sulla precisione matematica. L'universo, infatti, é un fatto unico, e pertanto i fenomeni che in esso avvengono non sono osservabili una seconda volta, né tantomeno verificabili sperimentalmente. Afferma giustamente Zichichi che "se la teoria evoluzionista avesse basi scientifiche serie, essa dovrebbe essere in grado di predire il valore esatto dei tempi che caratterizzano l'evoluzione umana". Eppure molte volte nella cultura dominante si arriva all'incredibile presunzione di considerarla un'esatta teoria scientifica, corroborata da verifiche sperimentali.
In realtà gli unici fatti accertati ci dicono che:
la vita sulla terra sarebbe nata circa 3,5 miliardi di anni fa, come risulta da depositi carboniosi di chiara origine organica ritrovati recentemente nel Transvaal sulle cosiddette "rocce archeane";
circa 700 milioni di anni fa esistevano, nei mari, organismi pluricellulari: i cosiddetti trilobiti (specie di esseri corazzati), alghe, molluschi, spugne e crostacei;
circa 450 milioni di anni fa si verificò la grande distinzione fra animali invertebrati (la cui forma più evoluta é rappresentata dagli insetti) e animali vertebrati, progenitori dei quali, secondo l'inglese Hyman, sarebbero gli echinodermi (stelle di mare, ricci di mare). La vita emerse dall'acqua e aggredì la terraferma;
circa 400 milioni di anni fa comparvero i rettili, progenitori dei mammiferi, che dominarono la terra, che nel frattempo si era popolata di foreste, per circa 300 milioni di anni (é l'epoca dei dinosauri);
circa 200 milioni di anni fa comparvero i mammiferi, con i quali cominciò a far capolino lo sviluppo "psichico", una sorta di istinto affettivo, che legava i genitori ai figli, almeno per un certo periodo;
circa 20 milioni di anni fa si sarebbe dipanata una linea evolutiva di mammiferi da cui sarebbero derivati, su binari paralleli, la scimmia e l'uomo.
Qui, tuttavia, é doveroso porre un freno. Da circa 10000 anni, infatti, vale a dire dai tempi dell'uomo di Cromagnon, l'evoluzione biologica dell'uomo appare essersi fermata. Da allora ha fatto invece passi da gigante l'evoluzione culturale, che ci ha condotto sulla luna e ci sta svelando i segreti dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo. Con la comparsa sulla scena dell'uomo, dunque, la materia vivente ha partorito una specie dotata di un cervello capace di decifrare il codice cosmico e di riflettere sulla natura dell'universo stesso. Come affermava già nel 1916 il grande filosofo e paleontologo Teilhard de Chardin, sembra che sia lo sviluppo culturale dell'umanità <il proseguimento autentico e naturale dell'evoluzione organica>. Che significa tutto questo? Solo un dialogo fecondo tra scienza e fede può rispondere a domande di tal fatta. La diversità dei metodi usati non deve spaventare; anzi, deve essere di stimolo a mettere continuamente in discussione le proprie concezioni e ad aprirsi ad una visione unitaria del cosmo. E' una prospettiva nuova e coraggiosa, perché la tendenza tuttora dominante é quella di usare il neodarwinismo per screditare la visione religiosa dell'esistenza. Ma tale tendenza é illegittima. Infatti non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l'esistenza di Dio. Ed é bello che sia uno scienziato come Zichichi a parlare così. Consiglio a tutti di leggere il suo libro.