L'albero della fraternità

Autore: Stefano Ceccatelli

Zygmunt Bauman, considerato il più grande sociologo contemporaneo, adopra il termine "liquidità" per definire il nostro tempo, la nostra società attuale. Cosa è questa liquidità?
Bauman applica questo termine a molteplici ambiti, fra i quali ricordo:
la tradizione, con la perdita delle antiche certezze, ormai diluitesi;
il lavoro, con la perdita della certezza del posto fisso, sostituito da questa bolla di precarietà nella quale galleggiamo;
la paura, quella indefinibile, invisibile, impalpabile ma reale minaccia che l'umanità ricca presagisce, sente incombere su di sé, anche se non sa dargli un nome: grande paradosso del mondo moderno, dato che gli uomini non sono mai stati così sicuri nelle loro case blindate e nei loro SUV;
i rapporti umani, dato che siamo, secondo Bauman, in presenza di una vera e propria liquefazione dei rapporti fra le persone, ridotte ormai ad individui senza legami se non con le cose che consumano.


Da questa società in liquefazione discende la crisi delle nostre democrazie (degli Stati-Nazione, per dirla con Bauman), e tale crisi fa il gioco di chi persegue una globalizzazione puramente economica, quindi senza regole, basata solo sulla circolazione dei capitali.
Fin qui Bauman (i principali libri di Bauman sono editi da Laterza. Per uno sguardo d'insieme sulla sua opera: K .Tester, Il pensiero di Z. Bauman, Ed. Erickson, 2007).
E la diagnosi che l'ebreo polacco Bauman ci porge con lo sguardo ormai disincantato dell'anziano testimone che ha visto e pagato di persona le conseguenze di ben due dittature, la nazista e la stalinista, è ahimè, assai lucida.

Qui sorgerebbero subito alcune domande. La prima: come siamo potuti arrivare a tal punto?
Rispondere a tale domanda richiederebbe ben altro spazio (spunti molto utili in un bel libro di Luigino Bruni, L'economia, la felicità e gli altri, Città Nuova, 2004).
Piuttosto mi stanno a cuore le seguenti domande: e adesso, che faremo? Cosa possiamo fare noi comuni cittadini del nord del pianeta?
Come possiamo restaurare le nostre democrazie e ridar loro un senso, nel nuovo contesto globale?
Ora nessuna analisi sociologica e nessuna indagine statistica ci aiutano più.

Come diceva Bauman: "le competenze della sociologia hanno fine quando inizia il futuro".
Siamo come viandanti nella notte e non c'è nessuno che dia la direzione.
Ma è proprio così? Davvero in questa "notte oscura" nessuna stella può aiutarci?
Un detto che conosco, alla domanda su "chi dia la direzione", su quale sia l'avanguardia da seguire, recita più o meno così: "l'intellettuale, lo studioso? Raramente. Il pastore, il prete? Qualche volta. Il santo, il poeta? Spesso. Il martire, il depositario di un Carisma? Sempre: "
Io credo che questo detto esprima una sapienza profonda, che viene da lontano e attraversa tutte le grandi culture e religioni del pianeta.
Ci sono persone particolari, ci sono sempre state, che incarnano i destini di un popolo e indicano, con la loro stessa vita, la via da seguire.
Si potrebbero fare dei nomi; quelli che conosciamo meglio sono scaturiti ovviamente dalle nostre radici cristiane, ma io credo che questa dei Carismi sia faccenda da trattare con i più larghi orizzonti e le più ampie aspettative possibile.

Si potrebbero fare dei nomi, dicevo, ma ai nostri fini è più utile notare che tutte queste "luci" ci indicano la stessa strada, la strada della fraternità.
Se questo è, come io credo, vero, allora si può provare a rispondere alle domande che ci facevamo.
La bussola che ci viene indicata (sia pur con lingue, usanze e costumi diversi) da una, chiamiamola così, "intuizione universale" di alcune geniali e disarmate figure profetiche, è la fraternità concreta.
Ci occorre, io credo, il coraggio di praticare la fraternità concreta. Non quella astratta, proclamata a parole dagli Illuministi e intanto contraddetta dai fatti di Haiti (si veda su questa rivista "La Rivoluzione di Haiti").
Ma come giungere a tale elevatissima meta rimanendo al tempo stesso con i piedi per terra e vivendo la vita di tutti i giorni, da comuni cittadini quali siamo?
Ci dovremo arrivare per gradi e nel lungo periodo. Forse non vedremo il frutto del nostro sforzo, ma lo vedranno le nuove generazioni.

Come prima tappa serve un recupero di partecipazione civica (o di cittadinanza attiva, che è lo stesso).
Nessuna democrazia può reggersi senza una cittadinanza attiva che la sostiene.
E' inutile continuare a credere che esercitare la nostra sovranità popolare, termine che suona ormai un eufemismo, significhi solo partecipare all'appuntamento elettorale al momento del voto. Nelle nostre piramidi democratiche c'è un abisso ormai fra la cima degli eletti e la base degli elettori.
Ci sono tuttavia ancora tante persone in tutto il mondo, animate da un sincero spirito di servizio, che decidono di dedicarsi alla politica nell'ottica del bene comune. Queste persone devono essere sostenute dalla base e per far ciò è necessario che una base ci sia.
Ecco il punto: se vogliamo creare reti di fraternità, c'è intanto da recuperare un'organizzazione di base, uno spirito di gruppo, un mutuo aiuto fra famiglie, associazioni di famiglie, cittadini e candidati. Deve nascere e rinascere un tessuto sociale, rapporti fra cittadini meno anonimi, più frequenti, da approfondire nel tempo; dobbiamo aiutarci a costruire un nuovo spirito civico, una mentalità più collaborativa, un'opinione pubblica più consapevole e preparata.
Per far questo servono cittadini d'altra pasta, meno inclini al raggiro e meno disposti a tollerare i trasformismi e gli inciuci dei politici, pronti anzi a punirli (non rivotandoli) dopo simili comportamenti.


Serve un maggior controllo dei politici da parte nostra, a cominciare da quelli locali, in un'ottica di sussidiarietà.
Servono anche una cultura della legalità e nuovi indicatori del benessere tra i quali non potrà mancare il rispetto per l'altro (respect of the other means well-being).
Serve in definitiva un nuovo umanesimo civile.
Qua a Firenze abbiamo avuto già, nel 1400, una prima fioritura dell'umanesimo civile. Certo, è durata poco, ma i suoi frutti culturali e artistici sono presenti ancor oggi, e ogni anno milioni di turisti vengono a Firenze attirati soprattutto da quelli.
Serve una nuova fioritura di virtù civiche. Solo allora potrà crescere robusto l'albero della fraternità.

 

Ricordo alcuni importanti appuntamenti che ritengo utili e importanti ai nostri fini:

5/4 Sala Teatina del Centro La Pira, via de'Pescioni 3 Firenze, Convegno su "La scuola italiana, scuola che cambia". Verso una cittadinanza interculturale, ore 10-13

11/4 Sala dell'Altana (Castello di Calenzano), Francuccio Gesualdi, direttore Centro Nuovo Modello di Sviluppo, parlerà di "Qualità della vita e sviluppo sostenibile", ore 21

24-27/4 "Vivere la città". Un esperimento temporaneo di città fraterna attuato da persone di differenti culture" - Mariapoli di Saltino-Vallombrosa

(per chiarimenti su questi appuntamenti contattatemi: stefano.ceccatelli at fastwebnet.it)