Radio Londra e Citizen Berlusconi

Autore: Stefano Ceccatelli

 

Voglio raccontarvi un'esperienza curiosa che mi è capitato di fare recentemente.
Un amico mi aveva detto che alla vicina bottega del commercio equo e solidale, quella sera, avrebbero trasmesso una trasmissione televisiva statunitense incentrata sull'attuale situazione politica italiana.
E' così difficile far uscire di casa dopo cena il cittadino italiano medio, se non c'è una partita di calcio o qualcosa di similema quella sera, facendo uno sforzo sovrumano, mi sono deciso e sono andato.
A cosa potrei paragonare l'esperienza a cui sono andato incontro, dato il mix di emozioni e sentimenti contrastanti che ha generato in me? A una sauna finlandese? Poi, tornando a casa, ho trovato il paragone più calzante: era come avere assistito a una trasmissione di Radio Londra, alla fine dell'ultima guerra mondiale, quando i patrioti italiani si riunivano negli scantinati per sentire le vere informazioni sulle sorti della guerra, in barba alle veline disposte dal regime. Magari talvolta ascoltavano notizie disastrose per l'Italia, ma almeno Radio Londra dava notizie attendibili.
Ma cosa avevo visto di così particolare?
Credo che il titolo della trasmissione fosse "Citizen Berlusconi". Non era tuttavia una biografia del nostro "premier ridens" (per usare una battuta cara a Tiziano Terzani).
Il titolo più appropriato sarebbe stato: "Come sta la libertà di stampa, cartacea e non, in Italia, di questi tempi?"
Era in sostanza una puntata di giornalismo politico-investigativo all'americana, in cui si dava spazio alle voci più disparate del mondo giornalistico italiano.
Parlavano Enrico Mentana, per anni punta di diamante di Canale 5; Enzo Biagi, uno dei più stimati giornalisti italiani di orientamento moderato, per lungo tempo direttore del principale tg della RAI; e poi si dava la parola ai direttori di molti quotidiani italiani (Sole 24 ore, Unità, Corriere della sera).
Si entrava nella redazione della RAI per ascoltare la voce dei giornalisti che ci lavorano quotidianamente. C'erano anche testimonianze di parlamentari di entrambi gli schieramenti, che venivano intervistati sull'argomento dalla troupe americana.
Era una trasmissione ben fatta, direi equilibrata, asciutta e moderata nei toni, come solo gli americani sanno fare. Trasmissioni di questa levatura, in Italia, per ora, ce le possiamo soltanto sognare, non fosse altro che per l'obiettività di giudizio e per l'assenza di urla e di insulti.
Non poteva mancare il nostro Presidente del Consiglio, al centro di un evidente conflitto di interessi, riconosciuto ormai dai suoi stessi sostenitori (mentre scrivo Giuliano Ferrara su La7 sta dicendo che chiunque vinca le elezioni dovrà comunque riscrivere la legge-farsa attualmente vigente).
Alcune sequenze della trasmissione americana, mai passate, credo, sugli schermi italiani, davano la misura dei gravi problemi di cui soffre la nostra già fragile democrazia.
Ma cosa si vedeva, dunque?
E' impossibile raccontare un'ora di trasmissione in un articolo così breve. Vi dirò solo della sequenza che mi ha fatto più impressione: si era nell'aula del Tribunale di Milano e il premier doveva rispondere alle domande che lo riguardavano in uno dei tanti processi a suo carico.
Le domande degli inquirenti, riguardanti le presunte tangenti pagate per corrompere alcuni magistrati, erano precise e circostanziate. Colpiva prima di tutto il tono arrogante con cui il nostro premier si rivolgeva ai magistrati, peraltro senza loro rispondere: sembrava il tono con cui un boss di un'azienda si rivolge a dei suoi dipendenti incapaci che gli stanno facendo perdere tempo, magari minacciandone il licenziamento. Ma la cosa che più disturbava era vedere gli avvocati di Berlusconi fare la spola fra Milano e Roma, prima consigliando al loro assistito, in veste di legali difensori, i cavilli e le procedure cui attenersi durante il processo, e poi redigendo in Parlamento, nei loro ruoli di deputati e senatori, le varie leggi "ad personam", in modo che i problemi che i difensori-parlamentari non potevano risolvere in Tribunale potessero essere eliminati alla radice in Parlamento. Sapendo che l'Italia avrebbe presto assunto la presidenza della Comunità Europea per un semestre, gli avvocati di Berlusconi presenti in Parlamento sostenevano che era indecoroso che il premier si presentasse a quell'appuntamento sotto processo per un reato grave. E così fu approvata la legge sull'immunità parlamentare, mentre, fuori del Palazzo, folle oceaniche di gente comune (ma inesistenti perché nessuna TV, eccetto quella americana, le riprendeva) manifestavano con bandiere e palloncini tricolori per esecrare la perdita di un pilastro della Costituzione: l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Alla fine della trasmissione veniva chiesto ad Alexander Stille, professor a Yale, autore di numerosi saggi sul giornalismo e ospite in studio: "Ma l'italiano medio non si accorge di un così macroscopico conflitto di interessi?
La risposta era: "Sì, molti se ne accorgono". Ma l'Italia, spiegava Stille, è un paese particolare, nel quale lo Stato è sempre stato visto come un ente lontano, intrusivo e spesso addirittura oppressivo. Se questo è particolarmente vero per il sud della nostra penisola, non si può negare che anche il centro-nord soffochi sotto le quasi 100.000 leggi dello Stato, di contro alle sei o settemila leggi di nazioni come la Francia o la Germania.
La famiglia è l'unica istituzione che realmente conti, in Italia. Questo spiega, concludeva Stille, perché gli italiani mediamente siano così indulgenti verso il loro premier, che fa quello che a loro non riesce: vivere e prosperare eludendo tutte le leggi dello Stato.
La trasmissione si chiudeva riportando notizie inquietanti: il modello berlusconiano sta infatti facendo numerosi proseliti in tutto il mondo. Il premier thailandese si è infatti già comprato tutte le televisioni del suo paese. Putin è ormai di casa nelle ville di Berlusconi in Sardegna e controlla in maniera ferrea la televisione russa, pur spacciandosi per democratico. Negli stessi USA la legislazione antitrust in campo mediatico, molto rigida fino agli anni '80, è stata progressivamente affievolita prima da Reagan e poi dai Bush, tanto che ora sono rimasti solo sei o sette grandi channels. E occorrerà vigilare, concludeva Stille, per non cedere alla marea montante della telecrazia.
Talvolta si sente dire che la democrazia sia solo un mezzo, utile per il raggiungimento dei fini che davvero contano: la vita, la solidarietà, la fraternità
Sarà anche solo un mezzo. Ma dovendo affidarsi a un mezzo, molto meglio affidarsi a una democrazia efficiente, che mantenga separati i suoi diversi poteri, e sempre tenuti sotto il controllo della gente, che affidarsi al principe assoluto di turno, anche se travestito da caimano democratico!

Bibliografia
Per chi volesse approfondire le tematiche suddette consiglio il seguente, documentatissimo, libro di Alexander Stille, Citizen Berlusconi, Garzanti, 2006.