SCUOLA E HIGH-TECH
Autore: Stefano Ceccatelli
Il bel libro di Clifford Stoll Confessioni di un eretico
high-tech (Garzanti, 2001) arriva provvidenzialmente in
un momento storico nel quale politici e tecnopromotori di ogni
sorta fanno a gara, anche qui in Italia, a presentare il computer
e Internet come i toccasana per tutti i problemi che affliggono
la scuola (esemplare in tal senso lo slogan coniato dalla coalizione
italiana indicata dai sondaggi come favorita alle prossime elezioni:
la scuola delle 3 I Internet, Impresa, Inglese dove
si registra l'assenza della I di Italiano, preoccupante in un
paese che sta cercando di ritrovare le proprie radici (cfr. al
riguardo gli ultimi interessanti articoli dell'amico Flavio Gori
su questa rivista).
Vediamo di cosa si tratta.
Clifford Stoll (1951), professore di astronomia a Berkeley, è
uno scienziato americano che non può certo essere tacciato
di mentalità retrograda o di scarso amore per il computer
visto che è stato fra i creatori di Internet ed è
tuttora uno dei più ascoltati commentatori dello sviluppo
della Rete. Essendo anche uomo di scuola e buon conoscitore delle
problematiche educative, le sue considerazioni circa i rischi
che si corrono a mettere in atto un'informatizzazione scolastica
troppo "spinta" vanno ascoltate con la dovuta attenzione.
Stoll ha di fronte la realtà americana, nella quale il
programma di Clinton "un computer per ogni classe" si
sta avviando alla completa realizzazione (fin nella scuola materna!),
per cui le sue affermazioni non possono essere integralmente applicate
alla scuola italiana, ancora molto indietro dal punto di vista
del cablaggio e dello sviluppo informatico; ma visto che l'esperienza
americana, nell'ultimo secolo, è sempre stata presa a modello
nel nostro paese, sarà bene tenere presenti gli scenari
descritti da Stoll sulla base di dati documentatissimi e di un
numero impressionante di esperienze sul campo.
Stoll scrive, giova ripeterlo, per amore della scienza e del computer.
Ma proprio per questo ritiene necessaria una scuola che educhi
al ragionamento critico e alla creatività. L'insegnamento
dell'utilizzo pratico di un computer non garantisce il raggiungimento
di tali finalità. Anzi, c'è il rischio che tutto
questo porti ad un apprendimento puramente manuale e ripetitivo.
Ben venga l'alfabetizzazione informatica a scuola, ma se poi i
ragazzi devono trascorrere gran parte del loro tempo collegati
a Internet o lavorando su ipertesti, allora di fatto si finisce
con il sottrarre tempo prezioso a discussioni creative su argomenti
di gran lunga più importanti, come la letteratura, l'arte,
la scienza o la storia.
Altra importante considerazione di Stoll è quella relativa
al fatto che non si può studiare la scienza senza tenere
ben vivo il contatto con la realtà. Appresa su Internet,
invece, la scienza diventa "virtuale", con il rischio
costante di fornire solo nozioni mnemoniche e di togliere agli
studenti il gusto della sperimentazione. "Stiamo facendo
sì che i ragazzini esplorino il nostro mondo attraverso
il computer piuttosto che con i propri piedi, mani, immaginazione"
(p.59).
Un'altra idea-forza del libro di Stoll è la strenua difesa
del libro, operata non per motivi futilmente nostalgici, ma proprio
in virtù di considerazioni pratiche ed economiche: il libro,
infatti, "è universalmente accessibile, occupa poco
spazio, si può leggere senza ausili tecnologici, è
portatile" (p.133). Inoltre "l'ipertesto, il sostituto
computerizzato non lineare della parola stampata, non è
adatto alla narrazione" in quanto "a seconda di quale
link si scelga il racconto prende una piega diversa. Una storia
si trasforma in un videogioco" (p.50).
Altro punto qualificante del libro di Stoll è il capitolo
intitolato "Raggi catodici per bimbi" che descrive la
realtà nauseante di molti asili high-tech statunitensi.
Stoll cita al riguardo i pareri di numerosi psicologi secondo
i quali dare dosi massicce di computer a bambini di tre, quattro,
cinque anni, proprio quando questi ultimi cominciano a sviluppare
le esigenze della socializzazione e dell'esplorazione del mondo,
compromette l'armonico sviluppo della loro personalità.
Ma è interessante anche la parte finale del libro, quando
Stoll denuncia il business che sta dietro a tante dichiarazioni
pseudoscientifiche sull'utilità pedagogica e didattica
del computer nelle aule. In realtà esse nascondono un mercato
incredibile che serve solo ad incrementare il fatturato delle
megaindustrie del computer. Stoll spiega tutto ciò nel
capitolo intitolato "Obsolescenza programmata". Se il
termine è complesso il concetto che esso definisce è
in realtà molto semplice: accade oggi per i computer quello
che era già accaduto negli USA per l'auto negli anni 50'
e 60'. Come allora il mercato dell'automobile prevedeva una fortissima
pressione psicologica per persuadere il cliente, attraverso una
pubblicità subdola perché facente leva su meccanismi
inconsci, che la sua auto seminuova era già vecchia e che
quindi andava cambiata, così oggi le industrie del computer
programmano un invecchiamento ultrarapido dei loro prodotti. Ogni
tre anni, pertanto, le scuole statunitensi, in un regime di competizione,
devono comprare nuove apparecchiature informatiche se vogliono
continuare ad avere un look allettante per un'utenza sempre più
esigente perché fortemente condizionata.
Ciò nonostante, traspare dal libro di Clifford Stoll piena
fiducia nelle nuove tecnologie, potenzialmente in grado di offrire
scenari meravigliosamente innovativi; è costante però
il suo monito a tenerle sempre sotto controllo, affinché
contribuiscano ad "umanizzare" il mondo e non a costruirne
uno popolato di macchine intelligentissime e di persone incredibilmente
sciocche.