Manifesto per l'Europa

 

Autore: Stefano Ceccatelli

 

Invitato da un caro amico sabato 2/2/2002 alla sala Est-Ovest della Provincia di Firenze, ho avuto modo di conoscere più da vicino, attraverso filmati e testimonianze, un evento importantissimo per la costruzione di un'Europa unita; un evento al quale, peraltro, i media nazionali, non so fino a che punto volutamente, hanno dato pochissimo risalto.
Sto parlando del recente convegno tenutosi nella cittadina tirolese di Innsbruck, al quale hanno partecipato, tra gli altri, 700 sindaci e amministratori comunali provenienti da 28 paesi europei, con una folta rappresentanza dai paesi dell'Est.
Al convegno, significativamente intitolato "1000 città per l'Europa", hanno partecipato eminenti personalità della politica e della cultura, quali il Presidente della Commissione europea Romano Prodi, il Presidente della Repubblica austriaca Thomas Klestil, il Presidente della Camera delle Regioni presso l'Unione europea Jos Chabert, la fondatrice del Movimento dei Focolari Chiara Lubich e molti altri.
Cuore del convegno è stata la riscoperta di una categoria politica - la fraternità -, sbandierata a livello teorico fin dai tempi della Rivoluzione francese, ma poi oscurata, a livello pratico, dai ripetuti e non sempre riusciti esperimenti politici degli ultimi due secoli, per tentare di dar corpo e attuazione alle altre due categorie politiche (la libertà e l'uguaglianza) scaturite da quella che fu la madre di tutte le rivoluzioni.

 

Una strategia politica della fraternità.

Ecco dunque, in sintesi, il grande risultato emerso da questo convegno dei sindaci europei, che hanno stretto un patto di fraternità che non li porta, si badi, a rinnegare le proprie personali appartenenze e i propri personali convincimenti politici, ma, al di sopra di questi, li invita a riconoscere in tutti, anche in politici di diverso orientamento, la comune appartenenza alla famiglia umana.
Cade, in quest'ottica, anche la categoria politica del "nemico", dato che anche l'avversario politico viene ora visto, prima di tutto, come un fratello che ha fatto una scelta politica diversa dalla mia.
L'Europa ha bisogno di un'anima, non soltanto di una moneta, ed è nella ricerca di questa "unità nella diversità" che troveremo la vera anima europea. E' con queste parole che Romano Prodi ha concluso il suo discorso al convegno.
"Lo spirito di fratellanza come chiave dell'unità dell'Europa e del mondo" è stato, invece, il titolo del discorso tenuto a Innsbruck da Chiara Lubich. Ma questo tema della fraternità universale, come lei stessa riconosceva, è presente anche in contesti diversi da quello cristiano. Il Mahatma Gandhi, infatti, diceva che "la regola d'oro è di essere amici del mondo e considerare "una" tutta la famiglia umana".
Il convegno si è concluso, si diceva, con un patto stretto dai sindaci europei a vivere la fraternità in politica, ciascuno nel suo contesto di appartenenza. E tale patto è stato suggellato dalla stesura di un "Manifesto per l'Europa" cui hanno aderito tutti i partecipanti al convegno (oltre 1500 persone). Lo riporto integralmente:

 

 

Innsbruck, 10 novembre 2001

Manifesto per l'Europa


Noi, sindaci partecipanti alla Conferenza di Innsbruck, provenienti da 28 Paesi d'Europa1, affermiamo il nostro impegno di protagonisti per la costruzione europea nella nuova fase di riflessione sull'avvenire del continente che si apre con il Consiglio Europeo di Laeken.
Consci che l'Europa ha stabilmente inserito fra i suoi valori fondamentali la libertà e l'uguaglianza dei popoli e degli stati e che tali valori, che devono comunque continuare ad essere approfonditi nella loro dimensione politica, non bastano da soli ad assicurare il compimento del disegno europeo, siamo fermamente convinti che tale disegno può venire pienamente sviluppato solo assumendo la fraternità come categoria politica attraverso la quale sviluppare la costruzione dell'Europa.
Questa nuova dimensione dell'impegno politico per l'Europa può essere realizzata in primo luogo a livello delle città, dove i cittadini vivono rapporti di prossimità e di reciprocità e il loro accesso alle istituzioni è personale, immediato, continuo.
I drammi e i problemi che attraversano il continente hanno nelle città il loro impatto più vivo e quotidiano, ed è lì che chiedono la prima risposta.
E' nell'ambito del comune che le persone possono iniziare ad assumere la loro dimensione politica; è a partire dalle città, vere e proprie palestre di democrazia, che si possono affrontare le nuove domande di appartenenza, di responsabilità e di solidarietà.
I comuni, elemento di base nella molteplicità dei livelli di governo, diventano in tal modo un esempio per un'Europa più democratica e più aperta alla partecipazione.
Per crescere insieme nella consapevolezza dell'appartenenza europea, noi sindaci ci impegniamo a fondare il nostro lavoro sul dialogo costante con i cittadini, coinvolgendoli nei progetti delle città.
Riteniamo inoltre che il nostro impegno debba essere rivolto a tutti i responsabili dei poteri locali per costruire una rete di relazioni formali ed informali, al fine di condividere idee, problemi, esperienze, progetti, risorse.
Siamo convinti che la costruzione europea attualmente in corso, nel suo significato politico più autentico, rappresenti il tentativo di realizzare l'aspirazione ad un'unità vera, che valorizza le diverse identità. Questa dinamica, in tutte le sue forme politiche, cominciando dalla dimensione comunale, è, pur con le sue alterne vicende, il filo conduttore della storia dell'Europa.
Un'Europa unita nella fraternità non potrà non mettere la propria esperienza e le proprie risorse al servizio della domanda di giustizia, di cooperazione e di pace che sale dalle aree più deboli del mondo.