Alla ricerca del respiro di E.T.

 

Autore: Patrick L. Barry science@nasa.gov

Traduzione: Flavio Gori

*I link apriranno pagine in lingua inglese*

 

Telescopi di avanzata tecnologia potrebbero permettere di sondare l'esistenza di altri mondi dove potrebbe esistere la vita, come noi la conosciamo.
La tecnologia, si sa, si evolve in maniera molto rapida. Solo sei anni sono trascorsi da quando I telescopi ci permisero di scoprire il primo pianeta che ruotava intorno ad una stella del tipo del nostro Sole, grazie al sistema Doppler, che permette di rilevare pianeti delle dimensioni di Saturno o maggiori, ruotanti intorno alla propria stella.

Adesso e per la prima volta, gli scienziati saranno in grado di rilevare anche un flebile segno di vita da un lontano pianeta.

Oggi gli scienziati stanno conducendo uno studio che permetterà loro di rilevare il sodio nell'atmosfera di un pianeta orbitante intorno alla stella HD 209458, per mezzo del telescopio spaziale HUBBLE.
Grazie alla potenza, alla risoluzione ed alla sensibilità di Hubble, per la prima volta siamo alle soglie di una ricerca che ci permetterà di studiare lontani pianeti nel dettaglio, restando sulla nostra nostra Terra.
Fino ad oggi, I pianeti che si sono potuti conoscere, sono dei giganti gassosi sul tipo di Giove e non possono aver favorito la nascita della vita come noi la concepiamo. D'altro canto le dimensioni di questi pianeti sono più simili a quelli di una stella marrone nana, quelle stelle che hanno perso la loro capacità di emanare luce, materia: una stella morente. Di ben maggiore interesse sono I pianeti delle dimensioni della Terra che, al momento, sono troppo piccoli per essere rilevati da Hubble. Eppure I Ricercatori dello spazio ritengono che questi pianeti esistano.
Per questo la NASA ha messo in cantiere il nuovo telescopio spaziale detto KEPLER, che dovrebbe essere operativo dal 2006 e potrà monitorare circa 100.000 stelle fra le più vicine alla nostra Terra. Grazie alle sue capacità, Kepler ci permetterà di capire quanti siano I pianeti tipo la nostra Terra, identificando I candidati di ulteriori ricerche sulla possibilità di vita in quei pianeti.
Non è tutto: se I piani proseguono come dovrebbero, verso la fine di questa decade, dovrebbe essere operativo un ulteriore strumento di studio, il TPF (Terrestrial Planet Finder, o Cercatore di Pianeti come la Terra). Questo telescopio spaziale userà la tecnica detta "Interferometria" per diminuire in maniera adeguata il bagliore che le stelle vicine lanciano sul pianeta allo studio.
Anche l'Agenzia Spaziale Europea ha un simile studio in essere (DARWIN). Nel loro sito web osservano che "rilevare un pianeta nei pressi della sua stella è come discriminare una candela attaccata ad un faro marittimo, da 1000 km di distanza. E' certamente una sfida difficile, ma ne vale la pena. Siamo di fronte alla possibilità concreta di trovare altri pianeti che supportano la vita e forse qualcuno fra questi ospita davvero la vita.

I pianeti che ruotano intorno ad altre stelle sono lontani dal sistema solare molti anni luce (un anno luce equivale a circa 9.5 trilioni di km). Perfino con un TPF a tecnologia molto avanzata, un pianeta come la Terra, apparirebbe delle dimensioni di un pixel. Come sarà possibile avere informazioni utili? La luce che il pianeta ci manderà sarà composta da una chimica che produce colori diversi a seconda delle sue componenti. Questo potrà dare ai nostri Ricercatori informazioni sull'atmosfera del pianeta in grado di compiere un apparente miracolo: ottenere una massa di dati usabili da un oggetto delle dimensioni di un pixel.

Se la vita è supportata dal pianeta, la sua atmosfera dovrebbe mostrare segni della sua presenza. Un po' come avviene per l'aria che noi tutti espiriamo: possiede più biossido di carbonio e meno ossigeno di quella che inspiriamo, il respiro "combinato" di tutti gli esseri viventi su un pianeta, modificherà la sua atmosfera. Se esiste vita su un pianeta, I cambiamenti che essa induce, saranno rilevabili anche a grande distanza.

Ma a cosa assomiglierà il respiro di E.T.? Quali saranno I gas che dovremmo cercare? Sappiamo I cambiamenti indotti nella nostra atmosfera, ma una diversa biologia su un diverso pianeta potrebbe interagire con la propria atmosfera in maniera diversa. E questo non è un problema banale da risolvere.

"Come astrobiologi dobbiamo essere sicuri di non essere troppo Terra centrici" dice Michael Meyer, un Ricercatore al Quartier Generale della NASA a Washington D.C. La possibilità che la vita da qualche altra parte dell'Universo abbia una biologia del tutto diversa dalla nostra è forse una delle sfide più eccitanti e complesse di tutta l'astrobiologia. Se la vita si evolve per mutazioni casuali e selezione naturale, per quale motivo dovremmo aspettarci una forma di vita aliena anche lontanamente simile alla nostra?
"Dobbiamo essere molto cauti su come la biologia aliena potrebbe differire dalla nostra, specialmente quando si parla delle molecole più grandi come DNA", dice David Des Marais, principale ricercatore al Centro di Ricerca AMES, dell'Istituto di Astrobiologia della NASA.

Per esempio, qualcuno ha speculato che il silicone, primario componente della sabbia e stretto parente del carbone, potrebbe formare le basi della biologia aliena. La vita al di fuori della Terra potrebbe non aver bisogno della luce di una stella come noi del Sole, e dipendere invece da energia geotermica formata da idrogeno e zolfo emessi dall'interno del pianeta, come in effetti avviene per alcune specie qui sulla Terra, nel profondo degli oceani.
O forse la chimica della vita aliena potrebbe essere del tutto inimmaginabile e diversa, per noi terrestri.

Per fortuna le regole entro cui la vita deve funzionare fa si che probabilmente le semplice molecole di ossigeno e biossido di carbonio giocano lo stesso ruolo sia nella biologia terrestre che extraterrestre;

Supponiamo che c'è una biologia basata sul silicone" dice Meyers. Potrebbe essere basata sulla fotosintesi. Noi rileviamo ossigeno nella loro atmosfera, poi andiamo lassù e ci accorgiamo che la vita è completamente differente da come pensavamo; ma una parte della chimica potrebbe essere la stessa che qui sulla Terra.

"Le piccole molecole stanno diventando sempre più universali" dice Des Marais. "Grandi molecole come il DNA e la clorofilla rappresentano innovazioni altamente significanti di vita sulla Terra, ma anche quelle che possono aver sviluppato le maggiori differenze in zone diverse dell'Universo.
Per queste ed altre ragioni l'esplorazione di pianeti distanti delle dimensioni della Terra con TPF sarà focalizzata sui gas semplici come ossigeno, ozono, biossido di carbonio, metano e, naturalmente, vapore acqueo.

Ossigeno ed ozono saranno le molecole che riceveranno le maggiori attenzioni.

Senza la vita, l'ossigeno sarebbe raro nei pianeti rocciosi. Una piccola quantità di ossigeno potrebbe essere creata anche in assenza di vita, per mezzo della radiazione ultravioletta che scinde il vapore acqueo in particelle di idrogeno ed ossigeno. Ma l'ossigeno sarebbe prontamente consumato dalle rocce e dai minerali, a causa del processo di ossidazione, tipico della superfice del pianeta. E' la reazione che produce, ad esempio, la ruggine.

I gas vulcanici reagiscono anch'essi con l'ossigeno e lo rimuovono dall'atmosfera. I processi geologici sono anch'essi in grado di lavorare contro l'accumulazione dell'ossigeno.

Un'atmosfera ricca di ossigeno è quindi fuori dall'equilibrio chimico e suggerisce che un qualche agente attivo (come la vita nella fotosintesi) riempie costantemente l'ambiente. Carl Sagan in un articolo del 1997 pubblicato su Scientific American scrisse " la grande concentrazione di ossigeno (20%) nell'atmosfera terrestre è difficile da spiegare con un motivo diverso dalla vita". Lo stesso sarebbe vero per altri pianeti che orbitano intorno ad altre stelle.

La seconda molecola studiata sarà il metano. Gli scienziati sospettano che per circa cinque miliardi di anni della sua storia la vita sull Terra non si è evoluta per la funzione clorofilliana. Al contrario I microorganismi che poi dominarono il pianeta prendevano l'energia dall'interno del pianeta per mezzo di alcune fessure ed alcuni tipi di microbi emettevano metano come sottoprodotto.

Su un pianeta dalla geologia simile alla Terra, livelli di metano superiori di 100 parti su un milione, suggerirebbero la presenza di vita. Ma il metano sarebbe una scoperta più ambigua di quella dell'ossigeno, dato che I pianeti con una diversa evoluzione geologica potrebbero aver prodotto metano senza la formazione di vita.

Altri dettagli su questi pianeti, come le dimensioni, la loro distanza dalla stella di riferimento, I loro livelli di biossido di carbonio e di vapore acqueo, la loro riflettività, aiuteranno gli scienziati ad interpretare accuratamente una scoperta di metano o di ossigeno. Questi dettagli ulteriori possono essere stimati ed anche misurati usando TPF ed altri telescopi.
Alcuni di questi parametri sono già stati testati su un pianeta che permette lo sviluppo della vita: la Terra.

Nel 1990 la sonda Galileo ha fatto un volo intorno al nostro pianeta prima di intraprendere il suo viaggio verso Giove. Subito I sensori creati per individuare I livelli di ossigeno e metano di Giove, hanno rivelato alti livelli delle suddette molecole nella nostra atmosfera ed impronte di clorofilla sul terreno. La clorofilla che assorbe la luce verso la parte estrema del rosso nello spettro del visibile, è una "bandiera rossa" della vita. Il telescopio TPF non può essere altrettanto sensibile alla clorofilla sul terreno del pianeta a causa dell'alto vapore acqueo, che è opaco nel range del medio infrarosso che TPF osserva, nascondendone la superficie al di sotto.

Se TPF scoprisse un pianeta abitabile sarebbe certamente un'importante scoperta. Ma questo sarebbe sufficiente a provare che c'è vita? Il concetto di prova è sempre qualcosa di complesso nella scienza, specie quando stiamo parlando di vita extraterrestre. Ciò nonostante, dicono gli astrobiologi, una tale evidenza sarebbe "molto interessante".

Un giorno potrebbe accadere... E dopo aver rivelato il sospiro di E.T., l'umanità non cesserebbe la caccia. Il passo successivo potrebbe essere un telescopio ancora più potente in grado di vedere pianeti che potrebbero apparire un po' più grandi di un pixel, in modo da poter discriminare continenti, ed osservare il cambiamento delle stagioni sul pianeta. E forse per la fine della prossima decade sarebbe possibile inviare una sonda in grado di sfidare le grandi distanze interplanetarie per dare un'occhiata a distanza ravvicinata e chiarire definitivamente se abbiamo un "vicinato".

Bisognerà comunque esser dotati di grande pazienza: anche usando tecnologie ad avanzata propulsione, una sonda arriverebbe a destinazione non prima di qualche decina di anni. Ma una risposta ad una delle domande più importanti nella storia dell'umanità, è forse non troppo lontana, ormai.