Questo intervento, pubblicato alcuni anni orsono nelle pagine web dell'Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche- I.R.O.E. - di Firenze, risulta, a nostro parere, tuttora estremamente stimolante ed attuale per le importanti osservazioni e le riflessioni che induce nel lettore.

Siamo grati agli Autori per aver amichevolmente concesso la pubblicazione su LoScrittoio.it.

L'articolo in originale è visibile qui.

 

 

Brevi riflessioni sul mestiere di ricercatore

 

Autori:Luciano Cianchi e Paolo Moretti

 

In tempi di ristrettezze economiche é naturale che gli scienziati facciano di tutto per convincere l'opinione pubblica che i finanziamenti alla ricerca costituiscono una necessitá primaria per garantire il progresso economico e sociale. Quindi le "settimane della scienza", le frequenti interviste su presunte importantissime scoperte, e cosí via, oltre allo scopo sacrosanto di informare l'opinione pubblica sull'attivitá di ricerca, nascondono un intento pubblicitario; infatti la scienza viene presentata solo nei suoi aspetti mirabili od economicamente utili.

Visti i colossali finanziamenti richiesti dall'odierna impresa scientifica mondiale, crediamo peró che sia un preciso dovere dei ricercatori interrogarsi su che cosa debba intendersi oggi per "buona scienza", e su che cosa ne ostacoli il cammino. Intanto, occorre osservare che (almeno in Italia) i costi della burocrazia sono enormi: una burocrazia spesso inefficiente ed anacronistica, che in molti casi arriva a condizionare la ricerca. Chiediamoci poi quali incentivi stimolino il lavoro dello scienziato. All'inizio della carriera, il miraggio di una nuova scoperta é per molti lo stimolo piú forte. Ma la realizzazione di un tale obiettivo é un evento eccezionale, che arride a pochissimi. Lasciando quindi da parte l'incentivo, diciamo cosí, romantico, rimane quello della carriera. E questa, a parte il ricorso a scorciatoie, su cui non vogliamo soffermarci, dovrebbe basarsi essenzialmente sui titoli scientifici (pubblicazioni su riviste internazionali, brevetti, libri, etc.). Ma oggi il numero di pubblicazioni effettuate su un argomento di attualitá in un anno puó arrivare a diverse migliaia, ed anche ammettendo che siano tutte frutto di un lavoro scrupoloso, pochissime costituiscono un effettivo progresso delle conoscenze in quel settore.

D'altra parte, per valorizzare il proprio lavoro é indispensabile che questo abbia il riconoscimento della comunitá internazionale degli scienziati. E ció lo si ottiene anzitutto arrivando a disporre di costose apparecchiature sperimentali, le quali da un lato consentono di effettuare esperimenti originali, e dall'altro di allargare la propria cerchia di conoscenze. In secondo luogo, é essenziale disporre della collaborazione di giovani da utilizzare nell'uso di tali apparecchiature o da inserire, ci si consenta l'espressione, nella "catena di produzione di articoli scientifici". Ora, la strada per il raggiungimento di questi obiettivi é, nella maggior parte dei casi, impervia e faticosa. Occorre darsi da fare per inserirsi nelle commissioni che decidono l'elargizione di fondi, o nelle commissioni dei concorsi, partecipare ad innumerevoli convegni e promuoverne di nuovi, farsi eleggere nel consiglio tale o nel comitato tal altro. Questo lavoro, cosiddetto da "manager della ricerca", non lascia il tempo per alcuna seria riflessione scientifica, ed inoltre, siccome la concorrenza per giungere ai suddetti obbiettivi é agguerrita, spesso va a finire che, nonostante gli sforzi, si raccolgono solo le briciole (che sono tuttavia, per molti ricercatori, vitali per poter continuare il lavoro). Chi poi, sotto le direttive del manager, effettua gli esperimenti o i calcoli, ha difficoltá a sviluppare idee personali, poichè il lavoro della routine quotidiana non lascia tempo ad altro. Cosí un giovane che viene inserito in un gruppo di ricerca, se questo é efficiente, puó diventare un buon specialista, ma difficilmente raggiungerá una soddisfacente visione globale dei problemi scientifici.

In questo clima, é chiaro che pochissimi possono permettersi di programmare a tempi lunghi il proprio lavoro; si é costretti a prendere in esame solo cose che si é certi di saper fare, in modo da non incorrere nel rischio di un fallimento . Nel migliore dei casi questo stato di cose porta ad uno sviluppo, per cosí dire, orizzontale della scienza, ma ne ostacola l'approfondimento.

Puó darsi che l'uomo abbia oggi bisogno soprattutto di sviluppare, per quanto possibile, le conseguenze tecnologiche che si possono trarre dall'enorme mole di conoscenze acquisite nel secolo scorso e nella prima metá di quello attuale, piú che di accrescerle ulteriormente. E puó anche darsi che, per una sorta di evoluzionismo sociale, l'attuale stato di cose, indipendentemente dalla volontá dei singoli, sia l'unico che poteva realizzarsi per rispondere a tali esigenze. Il formidabile sviluppo tecnologico che é sotto gli occhi di tutti farebbe pensare che fosse proprio cosí.

Tuttavia non siamo per nulla sicuri che le fabbriche di specialisti e burocrati che sono divenute le istituzioni scientifiche odierne (eccetto forse alcune gloriose universitá europee ed americane) siano quanto di meglio si potesse sperare per la futura salute della scienza. Alle lunghe, si rischia di rendere infeconda l'immaginazione dell'uomo; cosa pericolosa, perchè le grandi conquiste della scienza sono sempre state frutto del genio individuale.

E-mail: cianchi@iroe.fi.cnr.it
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