Due numeri orsono de LoScrittoio.it abbiamo dato il benvenuto a Giorgio Turi, esperto del ramo archeologico (suo lo stimolante articolo "Archeologia: Scienza o Fantasia"), che anche lo scorso mese di novembre è stato presente con l'intervento "Urbanistica Fiorentina del 2000:Palazzi, Case e Cassonetti".
Giorgio Turi questo mese pubblica un ulteriore contributo, stavolta in collaborazione con un suo collega, Ernesto De Carolis al quale diamo il benvenuto, augurandoci di averlo ancora per molto tempo sulle nostre pagine.

 

 

Precede l'articolo una breve autopresentazione del Dr Ernesto De Carolis.

 

Dopo lunghi anni di attiva militanza presso il Gruppo Archeologico Romano, mi sono iscritto alla Facoltà di Lettere Classiche con la specializzazione in Archeologia presso l'Università degli Studi di Roma, conseguendo la Laurea l'11/3/75 discutendo una Tesi su La Pittura di Epoca Romana.
In seguito sono entrato nell'allora Ministero dei Beni Culturali, prima come custode e poi come assistente nella Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze, in servizio alla Galleria degli Uffizi.
Successivamente, dopo essere risultato vincitore nel 1987 di un concorso come funzionario Archeologo, sono stato assegnato alla Soprintendenza Archeologica di Pompei rivestendo gli incarichi di Direttore degli Scavi di Ercolano e di Responsabile dei Laboratori di Restauro di Pompei.
In questo ultimo quindicennio mi sono occupato quasi esclusivamente di studi relativi all'area vesuviana in particolare sui sistemi di illuminazione delle abitazioni, sui monili, la pittura ed i legni carbonizzati di Ercolano.
L'ultima mia fatica, in collaborazione con il geologo Giovanni Petricelli, è stata uno studio che ha permesso di quantificare attraverso l'analisi dei diari di Scavo redatti dal 1748, in 1044 le vittime accertate dell'eruzione del 79 d.C. a Pompei.

Ernesto De Carolis

 

 

IL NUOVO MUSEO NAZIONALE ROMANO

Autori: Ernesto De Carolis e Giorgio Turi.

 

E' stata riaperta al pubblico una ricchissima collezione di reperti archeologici, esposta nell'imponente palazzo dell'ex Collegio Massimo, costruito dai Gesuiti alla fine dell'Ottocento, acquistato dallo Stato Italiano nel 1981 per 19 miliardi ed infine, con altri 70 miliardi, riadattato a museo nel giugno del 1998.
Il risultato dei 17 anni di cantiere ed i circa 90 miliardi spesi nella ristrutturazione dell'edificio e nell'allestimento del museo non è, a nostro parere, soddisfacente.
I reperti esposti sono di indubbia importanza storica ed i più di altissimo livello qualitativo: purtroppo alcuni elementi basilari del lavoro svolto non permettono di apprezzarli quanto meriterebbero. La disposizione delle sculture lungo pareti dipinte con un uniforme colore chiaro, senza alcun contrasto, causa un effetto generale di appiattimento delle volumetrie.
Discutibile è inoltre (forse per una semplificativa uniformità di allestimento) il generalizzato uso di sostegni in travertino di uguale misura per i ritratti, in particolare quelli collocati nelle gallerie del piano terreno e primo, che, non essendo dimensionati rispetto alla maggiore o minore grandezza delle teste, determina "curiosi" effetti ottici.
Positivo è sicuramente il criterio di esporre le opere d'arte libere da artificiose barriere di sicurezza; ad eccezione di alcuni casi (Ermafrodito dormiente, balaustra bronzea delle navi di Nemi), dove un cordone sostenuto da ovvi e superati pilastrini, più che deterrente per visitatori troppo "vivaci", si trasforma in un vero e proprio ostacolo visivo.
L'aspetto più discutibile dell'allestimento è costituito da una funzione importante: l'illuminazione artificiale.
Su tutti gli spazi del museo, non solo le ampie ed alte sale, ma perfino gli stretti e bassi corridoi, incombe una macchinosa struttura costituita da un traliccio cubico di tubi metallici. Questa struttura sostiene due tipi di apparecchi illuminanti: uno composto da fari a luce diretta verso le singole statue, spesso volta verso la parte alta del busto, lasciando in ombra il resto; l'altro è composto da fari a luce diretta contro grandi pannelli, ancorati anch'essi sul traliccio suddetto e variamente inclinati; dovrebbero diffondere la luce: invece l'assorbono in gran parte ed attirano l'attenzione verso l'alto, piuttosto che sui ben più importanti pezzi della collezione.
Questa struttura, sicuramente prodotta in serie, ci appare comunque costosa e, per di più, non risolve il rilevante problema della luce. Inoltre, dal punto di vista estetico, essa è in grave contrasto con l'ambiente architettonico e soprattutto con quanto vi è contenuto.
Per quanto riguarda la sala dove sono esposti i reperti delle navi di Nemi, vi sono da fare altre valutazioni negative.
Numerosi reperti bronzei, facenti parte della struttura delle navi, sono sistemati contro pesanti vetrine, dodate di sostegni metallici che rendono difficoltoso, se non impossibile, l''spetto originario dei reperti.
Al piano interrato si presenta, invece, ben sistemata la collezione numismatica, che copre ben due millenni di storia del territorio italiano, dal quarto secolo a. C. ad oggi.
A questa importante sezione, il cui nucleo prevalente è costituito dalla collezione del re Vittorio Emanuele III, donata allo Stato italiano, è collegato un modesto settore contenente una selezione di monili presentati in ordine cronologico e l'illustrazione dell'Editto dei Prezzi di Diocleziano mediante una scelta di reperti in vario materiale.
Nel complesso su tutta la superficie museale gli apparati informativi sono, a nostro parere, ampiamente insufficienti. Manca del tutto l'informatica che ormai dovrebbe essere un naturale completamento per ogni museo. Inoltre le didascalie dei singoli reperti non sono di facile lettura ed i pannelli che suddividono i temi trattati nei diversi settori sono ridondanti e spesso incomprensibili.
Manca infine la traduzione dei testi in una seconda lingua, per esempio l'inglese.