Essere o Percepire?



Autore: Flavio Gori


Sentiamo spesso affermare con sicurezza: questa è storia! Significando che un certo accadimento è sicuramente avvenuto così come lo si è raccontato, come tale è accertato e non può essere messo in discussione.

Come altri aspetti della vita, dovremmo riconoscere che il livello di verità di cui ci accontentiamo è la discriminante che ci fa accettare o meno una certa teoria o verità. Un po' come quando qualcuno cerca di convincerci con il classico: la matematica non è un'opinione.


Nella realtà delle cose, la storia raccontata nei libri non è sempre la stessa e dipende fin troppo dalla classe politica, economica, religiosa o sociale che è al potere. Un esempio a noi vicino è quello che i partiti della colazione del centro-destra hanno esplicitato qualche anno fa dichiarando che i libri di storia sarebbero dovuti essere riscritti, significando con questo che l'Italia uscita dalla Resistenza aveva scritto una storia in cui la parte sconfitta non si riconosceva e quindi voleva scrivere una storia ad essa più gradita. Potremmo scommettere che l'area di centro sinistra non si riconoscerebbe nella storia scritta dal centro destra. 


Ma qual è la verità storica oggettiva e come fare per definire tale verità? E poi, assistere di persona a un fatto mentre accade è di per sé sufficiente per capire di cosa si tratta o non è forse necessario essere a conoscenza dei fatti che lo hanno preceduto e come tali sono quelli che lo hanno determinato? Anche perché il fatto che osserviamo potrebbe non essere coerente con quanto lo ha provocato e quindi fuorviante ma utile per influenzare verso una certa direzione gli osservatori.


Questo significa che perfino la storia scritta, quella che si occupa del passato, non sempre è aderente all'effettivo svolgersi delle cose umane. Tale problema esiste ormai anche per le cronache del passato a noi prossimo (fino all'oggi stesso), figuriamoci per il remoto e remotissimo, quando ben poche persone sapevano leggere e scrivere (e tutte facevano parte della casta al potere e quindi avevano assai pochi motivi per mettere in dubbio gli scritti) e le realtà potevano essere trasfigurate come un romanzo di fantasia senza che alcuno avesse la possibilità o la volontà di farlo presente (men che meno che questa eventuale diversa angolazione di ripresa arrivasse fino a noi).


Se neanche il passato ci viene raccontato in maniera coerente con la realtà, probabilmente perché dall'evoluzione del passato dipende il nostro presente ed anche il futuro, non ci sarà da meravigliarsi se il presente che avvertiamo essere, non sempre è tale e quale sembra e forse anche da questo deriva il fatto che molte cose ci vengono presentate in maniera da non farci entrare nei concetti veri e oggettivi. Piuttosto, pur informandoci degli aspetti superficiali, non ci vengono presentate le radici dei problemi in modo da non farci capire la vera origine dei fatti. Che talvolta può essere del tutto diversa dalla superficie a noi presentata che poi raramente è l'unica superficie del problema. Solo quella che è bene noi si abbia coscienza, almeno in quel momento storico.

Allo stesso tempo riuscire a tenere impegnata la mente dei cittadini (magari convinti ad essere solo consumatori) con argomenti futili ma di sicura presa, è un eccellente sistema per impedire o almeno rendere più complesso l'interesse (se non la percezione) verso questioni importanti per la vita di ognuno di noi.


Non si tratta di espedienti nati negli ultimi mesi ma, al contrario, hanno sempre fatto parte dei metodi usati dal potere in ogni epoca. Quello che oggi li rende paradossalmente più evidenti e pervasivi è la grande quantità di mezzi su cui transita l'informazione (tv, radio, giornali, internet). Grazie a questa messe di strumenti, vengono facilmente veicolati i concetti che si vogliono instillare nelle menti degli elettori, dei consumatori una volta detti cittadini.


Non è un paradosso se diciamo che oggi grazie alla rete Internet possiamo anche mettere a disposizione grandi quantità di informazione indipendente a costi quasi azzerati in confronto a quanto avveniva solo pochi anni orsono. Una cosa tali mezzi avranno in comune con i vecchi fogli d'informazione indipendente: saranno facilmente messi sotto controllo e in certi casi potranno addirittura essere editati da forze che con l'indipendenza dell'informazione avranno ben poco a che vedere.


Se da un lato risulta semplice capire il perché alcuni vogliano influenzare le menti altrui, dall'altro potrebbe essere più complesso capire cos'è che spinge così tante persone ad accettare passivamente politiche, leggi, modi di pensare, convenzioni che sono palesemente contro il benessere fisico, economico e psicologico di tanti a vantaggio di pochi (e sempre meno). Ad accettarle come inevitabili, come necessarie al progresso. A percepirle come il progresso stesso, come se questo fosse da pagare con un peggioramento delle condizioni di vita a favore di un sistema economico che favorisce chi già è ricco approfondendo le differenze tra chi ha e chi non ha, ivi compreso il deterioramento ambientale in vari casi visto come un fastidioso soggetto le cui problematiche (che sono quelle di tutti) è opportuno nascondere sotto il tappeto, qualora non fosse possibile negarle del tutto.

 

Chi arriverà dopo se ne preoccuperà, ammesso che ce ne sia il tempo. Una sorta di accolita dell'assurdo allo stato puro ma accettato dalla parte maggioritaria della popolazione mondiale, convinta nei secoli che questo sia l'unico modo di vivere. Salvo poi scoprire che la storia ci mostra anche le rivoluzioni, eventi in cui le popolazioni si sono accorte che potevano ribaltare i valori e assumere realmente il controllo della loro vita. Per questo poi in periodi come il nostro si assiste a ogni sforzo purché le popolazioni siano addormentate culturalmente. Meno si sa, meno si vuole. Meno domande ci si fanno, meno si ottiene. Più domande ci facciamo, maggiori dubbi ci assaliranno. Senza dubbi si va poco avanti, anche se questi ci obbligano a benvenuti sforzi intellettivi che, a loro volta, ci permetteranno di non fossilizzare il nostro organo pensante.


Ho come la sensazione che negli anni, nei secoli, sia stata creata una sorta di cappa psicologica rinforzata da cure mediatiche giornaliere che riescono a far accettare l'inaccettabile; a darlo per scontato, ovvio, inevitabile, impossibile da modificare. E' così che va il mondo. E' il destino. E che magari l'unica possibilità per provare a star bene (benino) è cercare di farne parte anche come ultimo dei primi (che forse sta peggio del primo degli ultimi). Le domande imbarazzanti, per chi ancora riesce a porsele, è meglio dimenticarle. Sicuri che sia meglio?


La sistematica e indotta diminuzione (se non distruzione) delle innate capacità critiche e di sopravvivenza intellettiva di ogni persona, pur essendo esse stesse di primaria rilevanza in questo processo di annichilazione, sembrano quasi figlie di un addirittura più ampio e pervasivo processo a cui nessuno sfugge. 

A meno che non vi sia qualcuno che si mantiene nell'ombra indipendentemente dai Governi che apparentemente detengono il potere e che sa bene come operare e come far operare altri che in certi casi neanche si rendono conto di quello che stanno facendo e a favore di chi lo stanno facendo.


Come chi pur di vivere e mostrarsi vivere in quello che ritiene essere l'agiatezza, il lusso si autoconforma e si mantiene all'interno di una sorta di flusso principale da cui si convince che è bene non uscire, pena l'esclusione dal gruppo dei (quasi) primi? Una forma di autocensura da cui non potrà facilmente uscire, nè potrà mai dire che qualcuno gliel'ha imposta. 

Molto funziona ormai in base alle percezioni. Anche le censure: non ci sono ma si percepiscono e quindi non c'è nessuno da incolpare se non noi stessi che percepiamo. Però se non ti conformi, sei a rischio. Ma nessuno lo dice, apertamente. Quindi nessuno lo impone. Un modo subdolo di influenzare le persone che può arrivare ad essere più pervasivo e pericoloso di un'aperta e chiara censura. Si instillano sensazioni e dubbi nel profondo delle persone che in certi casi finiscono per crearsi essi stessi delle censure che vanno oltre il necessario, oltre il richiesto, oltre l'atteso.


In questo pervasivo stato è basilare il concetto di qualità della vita e dei relativi valori di riferimento. E' fondamentale far percepire a chi non lo possiede che un certo standard è auspicabile ed ancora più importante è il fatto di far accettare i parametri su cui esso si fonda. Naturalmente questi parametri sono creati sulla base di quello che la fascia di persone al potere possiede e detiene. 


Se tale fascia è ricca di denaro e di cose che il denaro può comprare allora saranno queste cose che dovranno esser percepite come un livello di vita buono. In questo modo si crea la necessità di possedere queste cose in chi non le ha e quindi farà di tutto per entrarne in possesso almeno in parte e così facendo esse aumentano di valore aumentando le ricchezze di chi già le detiene. Un buon inizio di un loop da cui si esce con difficoltà continuando a fare il gioco del gruppo di testa che deve solo riuscire a convincere gli altri a diventare come loro. Il resto lo faranno gli altri, producendo automaticamente ricchezza (quindi: lavorando) soprattutto per il gruppo di testa. Per riuscire in questa impresa, sono fondamentali i mezzi di comunicazione e il loro uso. Che sia per questo che nessuno dei maggiori media è indipendente dai poteri economici? Può essere.


Ma se invece la gente percepisse come indice di buona qualità della vita altri aspetti del vivere quotidiano, come il pensiero, la riflessione, la cura del corpo e della mente, lo star bene con gli altri, l'aiutare se stessi e il prossimo, riguadagnare un rapporto paritario fra genere umano, animali e piante? A quel punto il denaro perderebbe buona parte della sua attuale importanza, i valori subirebbero un'inversione drastica e la moneta tornerebbe ad avere il ruolo che gli compete: pezzi di carta e di metallo. Nient'altro.

 

Simile sorte per materiali come l'oro o i diamanti, per non parlare dei vari tipi di contratti di borsa, dove alcuni guadagnano miliardi basati sul nulla se non la fame di intere popolazioni che non hanno accesso a questi strumenti. Ripeto: vi sono persone che agiscono cinicamente su mercati planetari (dal petrolio al mais, dal riso alla soia) col risultato che il loro agire si ripercuote anche sulla vita di persone che non hanno accesso agli stessi strumenti, ma questi li possono impoverire fino al punto di ridurli alla fame. Un'asimmetria di strumenti raccapricciante che determina la fame in chi non li può usare. Se non si tratta di una sporca guerra, come la possiamo definire?


Come vediamo in questi anni è il caso di alcune popolazioni africane. Ma anche nella nostra Italia stiamo subendo conseguenze impensabili fino a pochi anni fa e l'Islanda è lì a dimostrare che una buona economia può essere messa alle corde da una semplice manovra speculativa. Assurdo.


Se fossimo in grado di arrivare a simili inversioni culturali (prima che politiche o economiche) e quindi rigettare il denaro come bene primario, sostituendolo con i valori succitati saremmo davanti alla più grande delle evoluzioni e mi sorprendo ogni giorno di più che molte delle chiese del mondo non intervengano  concretamente su queste problematiche che mettono a repentaglio le stesse fondamenta delle religioni e della Natura in quanto opera del Creatore che le stesse chiese asseriscono di venerare. 


D'altra parte mi sembra che i modi di apparire e di vivere di molti dei rappresentanti di queste chiese ben poco abbiano a che spartire con i dettami originari delle loro religioni. Eppure ciò non sembra sufficiente ad esser visto e dibattuto da molti dei credenti ed anche su questo qualche riflessione è d'obbligo. Come lo è il fatto che esse non vengano sollecitate dai prelati in questione. Dipenderà dal fatto che tali diversità rispetto all'origine delle religioni, seppure evidente, non viene percepito dalla massa dei credenti o da qualche altra ragione?



Per evitare tali inversioni, ogni classe dirigente cerca con ogni mezzo di accalappiare la nostra attenzione con una serie di oggetti che vengono fatti percepire come status symbol da esibire se e quando possibile. Non è detto che siano oggettivamente importanti o utili, ma è fondamentale che riescano a catturare l'attenzione nostra e di altri come noi e quindi riescano a farci cadere nei continui tranelli che ci tendono con oggetti poveri in assoluto ma ricchi di un valore aggiunto dalla pubblicità psicologica che sa fare bene il proprio compito. E' basilare che noi li riconosciamo come cose da possedere per essere simili, almeno a prima vista, alle persone che abbiamo deciso di riconoscere (o che ci vengono presentati) come idoli, vincenti, ricchi, Vip.


Un caso tipico che ben mostra la relatività dei prezzi e dei prezzi ai quali ci rassegniamo a comprare, è quanto spendiamo per i gadget tecnologici: all'uscita sul mercato costano (e spendiamo) cifre altissime pur di possederli. Dopo poche settimane i prezzi scendono a precipizio. Eppure l'oggetto è lo stesso ed è composto dagli stessi materiali. Quindi? 

Quindi siamo davanti a operazioni di marketing che impongono prezzi sui quali qualcuno ha margini di guadagno esorbitanti, mentre il costo effettivo è scarso. Inoltre è necessario osservare che allo scendere del prezzo degli uni vengono immessi sul mercato nuovi gadget il cui prezzo sarà alto (per lo stesso motivo anzidetto) ma che ci precipiteremo a comprare per poi notare che subiranno la stessa parabola del precedente. Un loop ingenuo a cui non sappiamo resistere e con il quale alcuni non solo fanno soldi a palate, ma perpetuano un potere sociale molto ampio. 


Così i non ricchi finanziano i ricchi che continuano ad esserlo grazie ai non ricchi. Una sorta di auto-Super Ciuk, colui che rubava ai poveri per dare ai ricchi nell'ormai mitico fumetto Alan Ford sempre più riconoscibile come eminente futurologo.


Siamo dunque noi stessi che finanziamo il potere di altri che poi lo esercitano contro di noi e siamo ancora noi che glielo permettiamo da oche gaudenti. In certi casi siamo addirittura noi che li sproniamo a esercitare il loro potere contro i nostri interessi, votando politici dichiaratamente messaggeri di valori a noi sfavorevoli, ammesso che esistano politici che abbiano la reale intenzione di rappresentare i valori che riguardano e interessano la classe lontana dal potere.


Uscire da questa ridicola gabbia significa tornare ad essere liberi ma credo anche che una tale presa di coscienza sia parte integrante di un concetto: alfabetismo o analfabetismo. Conquistiamo l'alfabetismo per la nostra vita, per i nostri figli. Non pensiamo che tali concetti significhino solo riconoscere la A dalla B. E' molto di più e si tratta di un processo da compiere con calma, coerenza e lucidità tutte da conquistare.


Smettiamo le vesta di eterni migranti verso l'invidia per oggetti e concetti che altri ci instillano per loro interesse, verso la costruzione della nostra gabbia per permettere e perpetuare il potere di altri contro di noi.

 

E' così spregevole vivere bene, senza esser contro o tifare per qualcuno? Non direi proprio.