LA CHIUSA e LEGRI: DUE PICCOLI BORGHI MEDIOEVALI e FIORENTINI.

Autore: Flavio Gori

 

Introduzione.

 

Per quanto l'intera penisola italiana sia assai nota in tutto il mondo agli amanti di svariate discipline la regione Toscana, in particolare, è una delle mete più ambìte. I motivi sono ormai conosciuti e vanno da una splendida ed ineguagliabile ricchezza di tesori nella storia dell'arte, ad un paesaggio che va dalle coste tirreniche che permettono bagni di sole, di mare e svago di ogni genere per gli appassionati del mare, alle morbide e verdi colline, fino a giungere ai monti più alti delle Alpi Apuane o le vette dell'Appenino Tosco-Emiliano, apprezzate da una moltitudine di innamorati della montagna.
Una grande ricchezza di proposte come quella che la Toscana può offrire, ha in qualche modo creato una sorta di due schieramenti relativi al modo di visitare la nostra regione da parte di turisti toscani e non, in quanto questa varietà ha talvolta portato a priorizzare certe zone, certe città, facendo correre il rischio, ad altre, di restare un po' nel dimenticatoio pur essendo anch'esse ricche di testimonianze di particolare bellezza: sia storico-artistica che paesaggistica.
Altre volte e forse con appassionati di taglio diverso, la visita ad un particolare luogo della Toscana ha invece creato un interesse anche per le zone circostanti una curiosità di scoprire aree che, giustamente, vengono ritenute affascinanti, in quanto la bellezza di Firenze (ad esempio), non può restare fine a sè stessa ma si ha bisogno di renderci conto di quello che è stato fatto intorno e di cui Firenze stessa si è avvalsa. Un modo forse più omogeneo di visitare la Toscana, dove ogni luogo, ogni lavoro, è stato pensato e costruito non come un fatto isolato, ma come parte di un mosaico che va poi a formare l'immagine globale della regione nel suo insieme.
Nel momento in cui si visita la Toscana si è portati a seguire un cammino che da Firenze ci porta verso sud, nel Chianti, con un tragitto classico che procede verso San Gimignano, Siena e Pisa, come tipiche località da non perdere. Siamo tutti d'accordo, si tratta di luoghi davvero splendidi e che tutto il mondo ammira. Questo non vuol dire che anche nella parte a nord del capoluogo non ci siano località interessanti e, casomai, da riscoprire in quanto abbandonate a se stesse dalla totale mancanza d'interesse anche da parte dei propri abitanti, per molti anni più interessati a scoprire le bellezze delle moderne città e per queste disposti a sacrificare (se non a disconoscere o sottovalutare) le doti dei loro piccoli borghi. Sappiamo che non solo queste persone hanno avuto un simile comportamento per il luogo natìo e spesso ciò ha generato una forma di incuria sia per il proprio passato che per il presente, certamente non aiutando, così facendo, la conoscenza del proprio borgo neanche da parte di persone esterne ad esso, vanificando, anche per la normale usura del tempo, quanto di interessante la zona poteva avere da raccontare.
Dopo la seconda guerra mondiale, le caratteristiche del tipo di sviluppo economico scelto dal Governo dell'epoca ha sovente portato a migrazioni popolari dai luoghi di nascita verso le grandi città che offrivano lavoro, o meglio il tipo di lavoro che veniva ritenuto più adeguato ai tempi che si andavano vivendo, a scapito del modello economico agricolo-contadino che fino ad allora aveva avuto la parte principale.
Questo grande sconvolgimento di masse, ha portato ad un improvviso abbandono dell'attività agricola ed ha reso fine a sè stesso il lavoro di intere generazioni. Dopo secoli e secoli in cui la terra aveva offerto il proprio importante contributo all'economia delle varie zone, si è dovuto assistere all'abbandono quasi totale dei campi che in pochi anni si sono ridotti ad un semplice (e verde) terreno incolto. I terrazzamenti faticosamente costruiti e difesi nel corso degli anni apparivano, all'osservatore degli anni 50 e 60, come costruzioni relative a lavori di chissà quanti anni prima, anacronistici alla luce del boom economico allora in corso.
I pochi abitanti rimasti nelle zone e dediti ancora all'agricoltura non sempre vedevano di buon occhio quella che sembrava essere una vera e propria fuga dalla terra verso la città, alla ricerca di una vita meno disagiata di quella che si era vissuta in campagna fino ad allora, ma cercavano di capirla dato che coinvolgeva i propri figli.
Un aspetto che non poteva essere allora chiaro, era quello relativo al prezzo che doveva essere pagato per quel tipo di vita, per quel modello industriale: la durezza della vita cittadina, sia in termini di rapporti umani, che di inquinamento dell'aria. Per persone che erano cresciute potendosi permettere di bere direttamente dai torrenti che scorrevano nei pressi delle loro case, non era facile abituarsi alle novità.
Il loro modo di fare e di porsi verso il prossimo non era consono a quello usato dai cittadini, assai più freddi nei rapporti personali, e finirono per sentirsi (ed essere) discriminati. Tentando di assomigliare per quanto possibile ai loro concittadini, finirono per perdere anche quel loro modo semplice e umano di comportarsi e che era stato così importante per la vita paesana dei loro padri, pur restando difficoltosa l'integrazione reale col nuovo mondo.

Con il trascorrere degli anni lo spopolamento si è trasformato in un ritorno degli abitanti verso la campagna in seguito ad un ripensamento sul tipo di vita (e di qualità della vita), offerto dalla città a confronto con quello della campagna, ma con una particolarità:non tutti coloro che tornano a vivere in campagna sono quelli che ne erano venuti via, o i loro figli. Il più delle volte a fuggire dalla città e "riscoprire" i valori della vita in campagna, sono i cittadini che non hanno "tradizioni" sulle colline, ma che lo fanno per motivi che vanno dalle possibilità finanziarie (i costi per le case in campagna sono assai cresciuti, negli ultimi anni), a questioni che potremmo definire "di moda" e che comunque ben poco hanno a che vedere con la tradizione popolare che aveva così tanto concorso alla formazione dei suddetti valori della vita in campagna. Possiamo dunque dire che la cultura della gente di campagna, veniva tradita un'altra volta nel giro di una trentina d'anni.
Se si escludono le coltivazioni di piccoli orti spesso nei dintorni delle abitazioni ristrutturate, è ben raro vedere campi restituiti alla loro antica funzione agricola, forse anche perchè è ormai stata snaturata la tradizionale collaborazione fra le Ville-Fattorie dei signori fiorentini per cui i contadini di queste parti lavoravano. E' ovvio che tale rapporto sarebbe stato da rivedere e riattualizzare secondo i canoni della nostra epoca, cosa che non sempre era stata fatta nelle precedenti, ma che risulta in qualche misura fatto nelle pochissime Ville-Fattorie tuttora funzionanti secondo schemi simili a quelli tradizionali.
Questa forma di lavoro era dunque ritenuta antiquata e non più rispondente alle necessità che si andavano affermando nel secondo dopoguerra e di questo cambiamento soffrirono non solo i contadini, ma anche buona parte della borghesia agricola, che non sempre riuscì ad adeguarsi alle sempre più rapide novità imprenditoriali. E' ormai ben noto che neanche i governanti dell'epoca avevano chiaro il tipo di sviluppo che andavano introducendo, se consideriamo i propblemi di economia agricola che l'Italia ha dovuto affrontare nei decenni successivi al termine del secondo conflitto mondiale e tuttora evidenti.

La nuova popolazione che torna ad abitare nelle campagne ha dunque fatto mutare per la terza volta nel giro di circa 30 anni (dopo secoli di immobilismo quasi assoluto), la realtà abitativa delle zone collinari a ridosso del lato nord della città di Firenze, un fenomeno che possiamo ritrovare in molte altre parti d'Italia.
Detto questo bisogna riconoscere che questa variazione nel tipo di abitanti, a parte ciò che potremmo definire "trasferimento" dei rapporti umani e personali dalla città in campagna, non ha influito negativamente sulla riscoperta, che è in corso da qualche tempo, di valori storici ed artistici che sono ancora presenti nei comuni della cintura settentrionale intorno a Firenze. In alcuni casi si tratta di testimonianze anche di alto valore che soffrono per la totale incuria cui sono stati soggetti nei tempi andati ed in alcuni casi sono rintracciabili solo grazie a testi e notizie tramandate, risalenti a molti anni fa e che permettono di riscoprire interessanti esempi di arte medioevale in ruderi che, se osservati nello stato in cui ora si trovano, mai farebbero pensare alla loro originaria grandezza.
Alla nostra curiosità, alla nostra voglia di non far andare disperso il patrimonio artistico che costituisce almeno una parte delle nostre radici culturali, al nostro residuo buon gusto, queste testimonianze fanno appello, affinchè non solo non vada tutto perduto, ma anzi sia risvegliato quello spirito che permetta di preservare quanto ancora visibile e di ricercare quanto non ancora risorto alla nostra vista, cercando di fare in modo che la tradizione, la cultura in senso generale che ci contraddistingue, non venga sopraffatta da quella d'importazione che, per quanto in certi casi molto interessante, non può farci credere di essere in ogni caso migliore di quanto è stato studiato e prodotto nelle nostre terre, magari solo per il fatto di avere origini lontane.
Ma di questo, ad essere onesti, non possiamo incolpare le culture straniere che hanno il solo "torto" di esistere, casomai ci viene il sospetto che chi le abbraccia e le ritiene superiori lo fa, in qualche caso, "aiutato" dalla loro esotica provenienza.

Se per quest'ultime spinte possiamo dire che scarsa parte della provincia (e dell'intera penisola) è rimasta immune, ciò che concerne il diverso modo di abitare le campagne cui si accennava sopra, non è comune a tutti i paesi della immediata provincia fiorentina. Possiamo dire che la tendenza ad inurbare buona parte del comune con conseguente relativo stravolgimento delle caratteristiche proprie del luogo, non hanno riguardato tutti i paesi allo stesso modo. Ci sono poi alcuni comuni che hanno avuto una sorta di ripensamento rispetto alle prime decisioni prese, magari sotto la necessità di garantire uno sviluppo economico industriale alla popolazione. E' uno dei problemi classici a cui varie amministrazioni, locali e non, si sono trovate (e si trovano) a confrontarsi: da una parte le garanzie verso l'ambiente, che ricadono inevitabilmente sulla qualità della vita degli abitanti presenti e futuri; dall'altra le necessità della vita di ogni giorno.