IMMAGINI DAL MONDO.

 

Autore: Flavio Gori

 

La nostra epoca, si sente spesso dire, è quella dell'immagine. Si intende, credo, che la gente apprezza, gradisce, vedere immagini più che leggere un articolo o un libro. Non solo: le persone vogliono avere un'immagine, ovvero presentarsi alla vista del prossimo agghindati in modo tale da offrire un'immagine di quello che ognuno è, o che vorrebbe essere.
Certamente l'immagine è assai importante anche nel campo delle notizie. Una foto può essere in grado di raccontare una storia meglio, si dice, che mille parole. Una serie di immagini ancora meglio ed un video, una ripresa televisiva o cimematografica è il massimo. Si riesce a vedere una realtà come essa è in effetti.
Dobbiamo ringraziare dunque la tecnologia che ci ha permesso di avere mezzi così potenti ed anche a costi non eccessivi, tanto che molti appassionati si portano a casa simili meraviglie tecniche in grado di soddisfare ampiamente le necessità domestiche ed amatoriali, per quanto evolute.
Negli anni più recenti si è di pari passo evoluto uno strumento ormai in grado di accoppiarsi con una grande serie di apparecchi tecnologici e di ampliarne a dismisura le potenzialità: il computer.
Siamo ormai lontani anni luce (in realtà sono pochi anni terrestri) da quando il computer casalingo era in grado si e no di farci scrivere una lettera o un racconto, tenere un archivio e fare qualche piccolo gioco. Oggi è una potente macchina tuttofare, in grado, per restare all'ambito dell'immagine, di velocizzare e migliorare il lavoro di chi si occupa di immagini, in maniera rivoluzionaria rispetto a quanto accadeva 5 anni fa. Chiedere ai tecnici dell'argomento per ogni eventuale riprova.
Oggi un semplce hobbista, colui che si diletta per propria passione senza velleità professionali, è perfettamente in grado di operare nel settore delle immagini con montaggi, variazioni di sfondi e colori, sfumature e tutto quanto possa venirgli in mente, grazie a software straordinari che rendono accessibili compiti un tempo possibili solo a tecnici molto preparati. Siamo dunque in presenza di rischio estinzione per certe professioni. Niente di particolarmente nuovo.
Vorrei anche sottolineare un ulteriore rischio che potrebbe essere molto grave per il settore a cui prima si accennava: il campo dell'informazione.
Senza giri di parole diremo che siamo già entrati nel tempo in cui è molto facile compiere totali sconvolgimenti nell'immagine e proporre ai fruitori un prodotto che, volendo, quasi niente ha a che vedere con l'originale scena ripresa. Ognuno di noi deve semplicemente capire e tenere presente che qualunque immagine (fissa o in movimento) che possiamo vedere alla TV, su un giornale/rivista o sulla rete Internet, può essere frutto di una manipolazione. Leggera o forte. Ecco che assume importanza fondamentale la serietà della fonte, dato che, il più delle volte, risulta assai complesso capire se e di che tipo di manipolazione una certa immagine (o gruppo di immagini) è frutto. Anche ad un esperto del ramo.

Dunque, per l'ennesima volta, un progresso tecnologico ci mostra com'è facile creare miglioramenti e, contemporaneamente ed in base a chi lo adopera, a chi lo mette in atto, lo stesso avanzamento può porre amari problemi alla comunità.

E questo anche nel campo delle "cose che si vedono".

Dunque se tale problema si presenta anche in questo caso, pensiamo a quanti problemi possono esistere quando ascoltiamo o leggiamo senza vedere immagini. Ancora una volta è la serietà della fonte ad essere molto importante. Se ormai è facile sostituire le immagini, cosa può accadere alla parola, al racconto? Quello che fin dall'antichità è successo, ovvero la possibile variazione (leggera o forte) della verità.

Vorrei porre attenzione al fatto che fino a pochi anni fa poteva essere complicato per molti soggetti variare l'immagine e quindi le parole avevano maggiore credibilità se suffragate da una foto o un video.

Oggi questo può non bastare ed impone una riflessione critica e profonda da parte di ognuno di noi: redattore o fruitore di notizie.
Carnefice o vittima. Certo fra le vittime (tutti noi) ci sarà qualcuno che non si pone il problema per svariati motivi: disinteresse, fatalismo, difficoltà oggettiva a riconoscere il falso, ma ci sarà anche qualcuno che non crede a questa evenienza perché si fida a priori e, magari, considera articoli come questo, una sorta di noiosa caccia alle streghe, abile tutt'al più a creare polveroni da cui non si riesce a capire più niente. Insomma il rifiuto di sentirsi (e di essere fatto) vittima di un disegno poco raccomandabile.
Il non porsi il problema, certo, risolve (o può risolvere) il problema sull'immediato. Forse sarebbe meglio dire che rimuove più o meno temporaneamente il problema, ma non lo risolve. Né per sé stessi, né per i propri figli. E cosa diremo ai nostri figli quando parleremo loro dell'importanza della necessità assoluta di possedere gli strumenti critici necessari alla vita di ogni giorno? Cosa potremo fornir loro? Certo la mancanza di questi strumenti porrà le persone in questione in posizione di grave dipendenza rispetto a chi li possiede e li sa adoperare, facendo correr loro il rischio di non capire, addirittura, di essere in posizione passiva rispetto a chi quegli stessi strumenti li ha e li sa far valere.
Certo per questi ultimi, specie se in posizione dominante, l'incoscienza della propria condizione di una parte della popolazione porterà un risultato "positivo" : la vittima che non si sente tale fa la felicità del suo carnefice. Anche per la successiva generazione. E forse oltre.