La Paura e la Speranza: 

una visione dello Stato come paracadute del mercato?


Autore: Flavio Gori


Uno degli aspetti che più sorprendono nelle ultime settimane post elezioni 2008, è l'interesse con cui viene presentato, recensito o comunque la positività con cui si parla di un libro di Giulio Tremonti (La Paura e la Speranza, recentemente edito da Mondadori). Ecco che allora mi sono concesso il lusso di acquistare un libro di Giulio Tremonti. Una tentazione a cui mai prima avevo ceduto.


L'attenzione a questo breve testo mi stupisce non tanto per la bontà delle recensioni o delle attenzioni che l'Autore ben merita, quanto dal fatto che le lodi maggiori arrivano dalla parte sinistra dello schieramento politico (oggi non più rappresentato in Parlamento forse anche a causa di un libro di questo tipo), ovvero da coloro che hanno combattuto le idee e le politiche di Giulio Tremonti nel corso della legislatura in cui il Professore in bilico tra Forza Italia - Partito della Libertà e la Lega Nord aveva la responsabilità del Tesoro e della Finanza.


D'altro canto Tremonti ben poco aveva fatto a quel tempo per ingraziarsi l'opposizione, specie quella 

più genuinamente sinistrorsa, quella che lo qualificava come principe della finanza creativa in cui lo stesso Tremonti si trovava fino ad arrivare a ipotizzare un sistema certamente filoamericano per far ripartire (a suo modo di vedere) l'economia: i proprietari di case (specie quelli più piccoli, quelli che hanno solo l'appartamento in cui abitano, dato che i grandi proprietari di immobili non avevano il problema della quantità dei soldi da spendere) avrebbero dovuto impegnare la propria casa con le banche in modo da ricevere indietro soldi da spendere per contribuire alla ripresa del mercato. E naturalmente poi si sarebbero dovuti comprare di nuovo la casa col rischio di non poterlo fare e ritrovarsi sulla strada. Una sorta di mutui subprime all'amatriciana.

Il Governo dell'epoca non fu rieletto anche a causa delle pessime condizioni in cui aveva ridotto le tasche dei lavoratori italiani (salariati o meno) e dell'idea tremontiana non si parlò più. 


Dopo pochi mesi di vita, nei primi mesi del 2008, il Governo Prodi fu costretto a dimettersi e furono di conseguenza indette le elezioni politiche. Dato che la memoria italica è sempre più debole e condizionabile, molti lavoratori italiani si sono dimenticati lo stato in cui li avevano ridotti Tremonti e i suoi colleghi e li hanno votati di nuovo. E anche in massa. A onor del vero il Governo Prodi non aveva fatto granché meglio sino al momento delle dimissioni, ma qualcuno dice che avrebbe usato almeno parte dei rimanenti mesi al potere per redistribuire quanto necessario a far quadrare i conti delle famiglie. Chissà. 


Il fatto è che le elezioni 2008 sono state vinte dal centro destra di cui fa parte Giulio Tremonti e, come a volte capita quando le vittorie sono particolarmente nette, anche stavolta pare si abbiano molti personaggi che anelano per trasbordare sul carro dei vincitori e forse, chissà, uno dei sistemi per scalare il carro e porsi a bordo potrebbe essere anche quello di tessere lodi sperticate al lavoro di Giulio Tremonti, perfino da parte di teorici marxisti senza macchia e senza paura. Tanto vale provare.


Intendiamoci: il testo di Tremonti mi piace (e mi piace anche la carta scelta per la pubblicazione), è ben scritto e prende in considerazione vari aspetti di cui la Sinistra (meglio: i politici che dicevano e/o dicono di riconoscersi nelle idee di Sinistra) avrebbe dovuto interessarsi prima di lui e magari meglio, ad esempio parlandone fra e con la gente nella migliore tradizione della Sinistra (adesso dimenticata al punto che chi fa politica fra la gente e ne raccoglie i voti è un partito di destra sempre più radicato fra la gente: la Lega Nord). Il punto, secondo me, è capire perché Giulio Tremonti adesso parla (scrive) in questo modo apparentemente inquinando i suoi princìpi e le sue indicazioni di pochi anni fa (e forse anche i suoi atti concreti di oggi).


Le motivazioni che hanno dato in tanti, nella Sinistra, mi sorprendono e in certi casi vorrei fossero vere. Dal mio punto d'osservazione, invece, il motivo è più semplice: Giulio Tremonti sa che il liberismo (o mercatismo che dir si voglia) che in precedenza ha in qualche modo facilitato o almeno non adeguatamente combattuto a livello sia Nazionale che Internazionale, sa bene, dicevo che il liberismo ha in sè il germe della distruzione economica, finanziaria ed ambientale per milioni di persone e di chilometri quadrati.

Si deve quindi trovare una via di fuga, ipotizzando che coloro che a livello mondiale se ne sono approfittati e hanno guadagnato cifre da capogirohanno facilitato l'affermarsi di questa dottrina economica, saranno probabilmente messi alla porta nelle prossime elezioni e quindi la compagine italiana non avrà più nessuno a darle man forte nei salotti importanti della finanza politica internazionale. Certamente vi saranno ancora istituzioni come il WTO (Organizzazione del Commercio Mondiale), la Banca Mondiale o l'FMI (Fondo Monetario Internazionale) pronti ad aiutare certe forme di mercatismo, ma è probabilmente opportuno iniziare a farsi riconsiderare anche da chi non si riconosce in simili agenti del liberismo.


E allora che si fa?


Si decide di continuare col sistema che ha permesso alla Lega di prendere voti dal popolo della Sinistra, ovvero decide di parlare a quel popolo orfano di rappresentanti col suo libro, imbonirli col fatto che si, il liberismo è una teoria economica che ha creato povertà, dolore, infelicità e promette di farne ancora a causa della sua visione delle cose chiusa sul guadagno nell'immediato, che non tiene in alcun conto il futuro del Pianeta Terra e gli sconvolgimenti che questa visione miope genererà. L'ambiente e l'intero Pianeta Terra soffriranno pesantemente e con esso tutti noi e tutto ciò per il vantaggio economico di uno sparuto gruppetto di persone, mentre tutti gli altri, miliardi di esseri umani, animali e piante, nella migliore delle ipotesi vivranno peggio. Nella peggiore moriranno di fame, sete e stenti.

 

Ed è vero, Tremonti ha ragione. Sarà così e in certe aree del mondo è già così, anche se raramente se ne sente parlare qui in Italia.


Una volta considerati lucidamente i problemi indotti dal mercatismo-liberismo, il ministro forse interpretando e anzi prevedendo (se non provocando) il nuovo clima politico di questi mesi a ridosso e subito dopo le elezioni un po' consociativo, passa a suggerire le soluzioni, proponendo un sistema  non

innovativo per opporsi al destino che il liberismo ha riservato per il resto di noi: lo Stato ci salverà. Magari a vocazione federalista per far si che la gente torni a credere in una qualche forma associativa anche se non crede più (almeno sembra al momento) allo Stato come Nazione intera e unificatrice.

Tremonti capisce che adesso è il momento giusto per creare consenso anche a Sinistra e affonda il colpo verso quei settori che non hanno più riferimenti non dico parlamentari, ma anche solo politici a cui rifarsi. Queste persone sono diventate terreno di caccia per chi saprà far vibrare i loro cuori, anche se tale vibrazione verrà da una parte politica finora avversa, come abbiamo visto con il risultato della Lega Nord (dimostrato, con risultati opposti, anche della Sinistra che invece non ha saputo far vibrare alcunchè e ha perso quasi tutto) alle ultime elezioni.


Mi ricorda un po' l'operazione fatta casa per casa dal clan dei Bush per cercare di far tornare al voto repubblicano legioni di cattolici ultra conservatori che in effetti decisero le sorti delle elezioni del 2004 a favore di George W. 


A tanto è arrivata la deriva da parte dei politici della Sinistra che difatti fanno a gara per spostarsi sempre più a destra. Quasi uno scambio di posizioni fra loro (o parte di essi) e lo stesso Tremonti che però usa questo sistema per guadagnare i voti, se non la convinzione, dei residuati della Sinistra di base. 


In questo breve libro (o lungo articolo) di Tremonti io ci vedo più che altro la furbizia e l'intelligenza di un politico che prima sfila di tasca alle Istituzioni poteri politici e sussidi, poi scrive (e anche bene) un libro per convincerci a far si che saremo noi (lo Stato, anche se federalista) a pagare per le sciocchezze fatte da altri (che però manterranno i soldi acchiappati) i quali continueranno a farci digerire opere la cui utilità economica e ambientale collettiva è dubbia (ponte sullo stretto, centrali nucleari, finti recuperi sul tasso d'interesse del mutuo della casa, licenziamenti a piacere, ...) ma ben confacenti l'incremento delle ricchezze non nostre. 


Le spese e forse anche i danni all'ambiente, saranno sulle nostre spalle.


Abbiamo anche nei casi tratteggiati in questo libro una similitudine con i danni provocati in varie strutture finanziarie di primo livello dai mutui subprime, dove per coprire gli ammanchi alcune banche  come Citigroup (la prima banca del mondo) e UBS (Unione di Banche Svizzere, la seconda banca del mondo) hanno dovuto accettare capitali di Fondi sovrani (statali) di Paesi islamici (1) che mai avrebbero potuto varcare le soglie di simili istituzioni bancarie se i danni non fossero stati così pesanti. Nonostante le iniezioni di denaro siano state molto forti, i Fondi sovrani hanno tenuto fede alle proprie (attuali) impostazioni statutarie:

non entrano nei Consigli d'Amministrazione e non acquistano più del 10% del capitale sociale. 

Si accontentano di intascare i dividendi senza voler interferire nelle scelte strategiche. 


In caso di ulteriori gravi perdite, quando il 10% del capitale non dovesse essere sufficiente e ripianare le perdite, cosa faranno gli azionisti delle banche svizzere e americane? Allora saranno i simulacri, le cattedrali del capitalismo made in west a chiedere l'ulteriore intervento agli amici islamici? Come sarà presentato l'intervento per non urtare i vecchi azionisti già ora poco propensi a questi ingressi? 

Forse lo studio è già iniziato, anche perchè dopo l'ingresso dei Fondi sovrani, entrambi i gruppi bancari suddetti hanno dovuto lamentare perdite dei loro valori azionari dell'ordine del 40% (Citigroup) e del 55% (UBS). (2)


Quindi, in tutto il mondo e al di là della propaganda mediatica di basso livello, com'è vero che i mercati sono solo moderatamente liberi da inneschi stranieri indesiderati (solo l'Italia non se ne è accorta) è anche vero che i capitali statali servono a ripianare le imprudenze dei cosiddetti privati che, evidentemente, non sono poi così bravi nell'espletare le loro funzioni rispetto al settore pubblico. Al contrario di quello che ci viene giornalmente detto da taluni organi di stampa infatti, è il privato che deve chiedere aiuto al pubblico. Non il contrario.


Niente di nuovo sotto il sole. L'importante è farci cascare nel tranello per far si che saldiamo i conti altrui.


E anche stavolta in tanti fra deputati e senatori o sindacalisti e giornalisti, sgomitano per cascarci (e farne cascare molti altri). E' necesssario riprendere la proposione delle idee e del fare dal basso perché la dirigenza della Sinistra è davvero in cattive mani. Per non parlare di noialtri.






Note:

(1)  Ibrahim Warde: "Fondi sovrani. Predatori, salvatori o abbindolati?" - LeMonde Diplomatique (Edizione Italiana) Maggio 2008.

(2) "Les Investissements des fonds souverains ont fondu en quelques semains" Les Echos, Paris

18 Marzo 2008.