50 Anni di NASA: Scienza e tecnologia 

dalla Terra allo Spazio e Ritorno*



Autore: Flavio Gori


Il periodo in cui il governo americano decise la nascita della National Aeronautic and Space Administration (NASA) era uno dei più controversi per il grande paese nordamericano: gli anni 50 nonostante l‘uscita vittoriosa dalla seconda guerra mondiale furono per certi versi politicamente molto difficili. Se da un lato lo stabilizzarsi della situazione geopolitica internazionale era compiuto dagli accordi di Yalta, dall‘altro le preoccupazioni per il reciproco mantenimento di tali accordi e in particolare fra quelli che erano i più grandi artefici del successo sulla Germania, ovvero americani e sovietici, resero la vita politica e sociale nel mondo intero sempre più difficoltosa.


La cosiddetta Guerra Fredda fra i 2 blocchi sviluppò una serie di battaglie alternative fra cui quella per la supremazia scientifica e tecnologica. Se è vero che tale supremazia sarebbe stata molto spesso usata per scopi bellici, è anche vero che alcune delle più spettacolari imprese che l‘uomo ha realizzato nel secolo scorso, sono figlie dirette di queste battaglie senza armi e la NASA ne è sicuramente una delle più limpide e positive esperienze.


Bisogna ricordare che l‘accelerazione alla creazione di un ente di questo tipo avvenne anche per rispondere a una sfida lanciata dall‘USSR con il lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik a cui fecero seguito tutta una serie di lanci più o meno fortunati, con o senza persone a bordo, di cui era comunque ben difficile avere notizia ufficiale perché i sovietici preferivano dare comunicazione al mondo solo dopo che la missione era conclusa positivamente e quindi erano assai scarse le possibilità di avere notizia certa di un lancio fallito.

A quei tempi, proprio qui in Italia, era attiva una stazione di ascolto e monitoraggio di carattere quasi professionale, detta Torre Bert nei pressi di Torino, gestita da un gruppo di appassionati  capitanati dai fratelli Judica Cordiglia. Torre Bert registrò anche alcune drammatiche conversazioni fra ciò che sembravano essere astronauti in gravi difficoltà (almeno 2 diverse voci furono registrate) e la base di Terra, ma a oggi non ci sono conferme che tali conversazioni fossero provenienti dalle lande sovietiche e spaziali pur essendo tuttora motivo di discussione e ricerca.


Il livello tecnologico sovietico a quei tempi sembrava superiore rispetto a quello americano e quando nel 1961 il sovietico Yuri Gagarin, tornò sulla terra a bordo della sua Vostok 1 dopo il primo volo di un essere umano intorno al nostro pianeta, l‘impressione generale fu enorme.

Ma probabilmente quella fu la scintilla che fece scattare la molla giusta negli Stati Uniti e poco dopo la missione di Gagarin il presidente John Fitzgerald Kennedy in un memorabile discorso alla nazione americana promise che gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di inviare un equipaggio di esseri umani sulla Luna rientrando sani e salvi sulla Terra entro gli anni 60.


Questa dichiarazione ebbe una risonanza straordinaria in tutto il mondo. E non poteva essere altrimenti perché qui si andavano a toccare corde estremamente sensibili nell‘animo di ogni abitante della terra.  

Certo qualcun altro avrà pensato a una boutade americana per cercare di non farsi spiazzare definitivamente dall'avversario comunista, ma non era affatto così e l‘America tutta ebbe il grande merito di riconoscersi nell‘enorme progetto del proprio Presidente. 


La Nasa da quel momento ebbe una serie di finanziamenti altissimi, i migliori ricercatori e ingegneri del paese furono dirottatati sul Progetto Apollo che aveva il compito di realizzare quanto affermato da John Kennedy in meno di 10 anni.

Uno sforzo titanico che neanche l'uccisione di Kennedy a Dallas nel novembre 1963 riuscì a smorzare. La Luna era e rimaneva il progetto fondamentale non solo per la Nasa ma per l'intera nazione americana per tutti gli anni 60. 


I passi falsi compiuti dalla Nasa nel Progetto Apollo furono davvero pochi e forse possiamo dire che ce ne furono solo 2: nel primo, purtroppo, morirono in un incendio a terra 3 astronauti che stavano mettendo a punto alcune tecniche per la partenza e nell‘altro gli astronauti furono costretti a un precipitoso rientro sulla Terra a causa di un incendio a bordo che rischiava di pregiudicare la loro sicurezza.


Per il resto il Progetto Apollo volò spedito verso la sua fantastica meta e nel luglio 1969 mentre Michael Collins restava sulla navetta madre ad aspettarli orbitando intorno alla Luna, Neil Armstrong e Buzz Aldrin toccarono il suolo lunare con tutto il mondo (mio padre ed io inclusi) che stava col naso all‘insù e le orecchie appiccicate a radio e tv per cercare di non perdersi neanche un attimo di uno dei momenti più importanti della storia umana di tutti i tempi.


Con la conquista della Luna la battaglia tecnologica con l'USSR per la conquista dello spazio fu considerata vinta ma purtroppo con questa vittoria forse più politica che scientifica e con questa pur strabiliante conquista iniziò il declino dell‘interesse politico e mediatico per la ricerca spaziale. I finanziamenti diminuirono e così la Nasa dovette riequilibrarsi. Molte delle menti che avevano collaborato alla conquista della Luna furono dirottate in altri settori strategicamente ritenuti più importanti. 


Testimoni di questa caduta d‘interesse mediatico furono i successivi 6 sbarchi sul nostro satellite che non sempre beneficiarono della diretta Tv, come a sancire un definitivo disinteresse, e un rischio d'ingiusta banalizzazione, per le missioni extraterrestri. Eppure da un punto di vista scientifico la parte veramente importante sarebbe potuta iniziare in quel momento, dopo aver installato alcune apparecchiature in grado di informarci su aspetti basilari del satellite ma assai utili per capire l'evoluzione della nostra Terra. Ma così non andò e la Nasa continuò il suo lavoro un po‘ più lontana dai riflettori dei Tg.


Da allora e grazie a quelle esperienze sono stati compiuti passi da gigante nelle varie tecnologie impiegate per andare in orbita, compresi i computer: oggi i più scadenti Pc usati nelle nostre case come zeppa per tenere aperte le porte sono milioni di volte più potenti di quelli che hanno permesso lo sbarco sulla luna.


Buona parte di queste tecnologie non sono fini a sè stesse e vengono continuamente riciclate per svariate attività qui sulla Terra, eppure non si può negare che per l‘immaginario collettivo sono le imprese spaziali, in particolare quelle con esseri umani a bordo, a dare la maggiore visibilità alla Nasa e fra queste vorrei ricordarne qualcuna oltre lo Space Shuttle e la Stazione Spaziale Orbitante che godono di un certo  interesse da parte dei media: 

Ad esempio la missione Pioneer che ha portato 2 navicelle oltre i confini del Sistema Solare (e al momento sono gli unici oggetti umani ad aver varcato questi confini). Troppo spesso dimentichiamo che queste 2 navette stanno mettendo a durissima prova la fisica che usiamo normalmente e che prevede una diminuzione dell‘attrazione gravitazionale col quadrato della distanza. Ebbene entrambe le Pioneer al varcare dei confini del Sistema Solare hanno rallentatato la loro corsa verso l‘esterno come se qualcosa le respingesse o come se l‘attrazione del Sole improvvisamente aumentasse. Un rebus bello e buono, visto che nessun telescopio ha verificato la presenza di un oggetto spaziale in grado di giustificare questo comportamento.

Come riporta un recentissimo lavoro di 2 scienziati del Jet Propulsion Lab di Pasadena fino a quando l‘anomalia dei Pioneer non sarà chiarita, la legge della Gravitazione di Isaac Newton non potrà dirsi valida nell‘universo intero. Non è una constatazione da poco. 

Allo stesso tempo questo mi fa tornare in mente una delle discussioni più interessanti che ho avuto il piacere di proporre diversi anni fa anche in ambito Nasa e tuttora senza risposta. Si tratta di un esperimento mentale che vi ripropongo:


Supponiamo che la Terra sia un globulo rosso che scorre nel nostro sistema venoso e arterioso. è risaputo quanto breve sia la vita di un globulo rosso nei confronti della vita dell‘essere umano che potremmo qui identificare come l'Universo. In questo esempio, noi saremmo gli abitanti del globulo rosso e sappiamo quanto breve è la vita di noi esseri umani nei confronti della Terra. A questo punto abbiamo tutti i dati x capire quanto breve è la nostra vita di esseri umani rispetto a quella dell‘Universo. Poco meno di un soffio.


E' così breve che potremmo non aver ancora avuto il tempo per capire che l‘Universo non è uniforme come al momento ci appare, ma potrebbe presentare scorci, pertugi strettissimi come quando un globulo rosso entra nelle dita di un piede rispetto a quando si trova nel torace. 

E quindi il punto focale: in questa epoca quale parte dell‘ipotetico corpo/universo stiamo attraversando? il dito o il torace? oppure un polso?  In questi diversissimi casi, le leggi della fisica che adesso accettiamo, sarebbero comunque valide? 


Le sonde Pioneer potrebbero essere in grado di dare una prima risposta a queste domande!


Ma oltre a questo esperimento mentale dobbiamo considerare anche le difficoltà introdotte dal mezzo in cui depositiamo le nostre memorie (è stata la pietra, poi la carta e ora i bit). 

I sistemi che saranno usati nel futuro remoto, saranno in grado di leggere nel dettaglio quanto oggi registriamo? 


Se i nostri pronipoti avranno diverse esperienze rispetto alle nostre leggi della scienza, saranno dunque davanti a un doppio rischio: da un lato guardare alle nostre valutazioni ed analisi come a +/- plateali errori (che potrebbero essere originati da regioni di universo del tutto diversi da quelli che loro si troveranno a visitare); dall'altro la possibilità di non essere in grado di decifrare le nostre registrazioni a causa delle diverse tecnologie adottate che potrebbero non essere compatibili.


Già ai nostri giorni la tecnologia ha compiuto passi enormi rispetto a 1000 anni fa ma 1000 anni sono un nulla in confronto alla storia dell‘Universo e se  tutto va bene è lecito attendersi una durata della vita sulla Terra assai più lunga di questo periodo, rendendo possibile il succedersi di svariate generazioni tecnologiche e scientifiche. 


Dobbiamo quindi augurarci che ogni generazione tecnologica abbia a cuore un accurato trasferimento dei dati dal vecchio al nuovo sistema per poter sperare di arrivare fra 10.000 anni a poter capire quello che abbiamo osservato e catalogato in base sia alle leggi fisiche e matematiche usate, sia al punto di osservazione astronomico, ovvero a dove il nostro Pianeta si trova ai nostri tempi e l'evoluzione che l'Universo ha avuto finora rispetto a quella che avrà da ora in avanti. 

Altrimenti si correrà il rischio di non poter correttamente utilizzare il lavoro che stiamo facendo e che faranno le prossime generazioni di ricercatori, facendo di fatto un salto all'indietro nella ricerca.



Tornando ai fatti di oggi, oltre alle Pioneer non dimentichiamo le varie missioni su Marte che ci stanno facendo conoscere il pianeta rosso con un dettaglio ormai quasi comparabile a come conosciamo la Terra. 

Oppure le missioni che hanno portato satelliti terrestri a orbitare intorno ai vari pianeti e le loro lune, fra cui Europa che pare conservare copiose riserve liquide e che presenta curiose linee parallele che si intersecano in un modo che potrebbero lontanamente ricordare le nostre autostrade. Forse si  tratta di corsi di un qualche liquido che scorrono in base all‘orografia del territorio.


Ricordo anche che come tutte le cose di questo mondo, e senza contare i drammatici incidenti che hanno colpito lo Shuttle, qualche satellite della Nasa ha fallito la propria impresa, come fu il caso  del Mars Polar Lander che lanciato da Terra nel gennaio del 1999 arrivò senza alcun intoppo nell‘orbita marziana a fine 2001. Questa missione fu importante anche per la comunità internazionale dei radioamatori in quanto il satellite emetteva un debole segnale in una delle bande a loro riservate e la Nasa chiese a questi valenti appassionati di dare un feedback della distanza fino a cui riusciva a registrare il debole bip che fu in effetti seguito fin quasi alla sua destinazione.


Nella fase di discesa verso la superfice del pianeta rosso qualcosa andò per il verso sbagliato, si persero i contatti e da allora non è chiaro che fine abbia fatto la piccola navicella che sarebbe dovuta atterrare nel polo sud marziano. 

All‘epoca la Nasa aveva richiesto ufficialmente la collaborazione di alcuni Radio Osservatori nel mondo, fra cui quello del Cnr di Medicina, vicino a Bologna, con cui il sottoscritto collaborava anche in quel periodo per la ricerca nella valle norvegese di Hessdalen.


Una volta che l‘equipe dell‘ingegner Stelio Montebugnoli aveva registrato nella finestra di visibilità marziana, doveva sottoporre i dati alla pulizia digitale al fine di poter capire se il segnale del Polar Lander fosse stato acquisito ma la Nasa decise di non aspettare la risposta di Medicina, nè degli altri osservatori a cui aveva richiesta collaborazione. evidentemente i radar della Nasa avevano raggiunto lo scopo per primi.


L'ultima delle missioni cui vorrei accennare è quella che nel novembre 2009 ha festeggiato il decimo anniversario, ovvero quella definita Leonids Marina Vlf Receiver che ebbe luogo a metà novembre 1999 e ripetuta l‘anno successivo, mentre nell‘autunno 2001 le priorità erano diverse e anche la Nasa evitò di inviare palloni sonda per non rischiare potenziali atti terroristici.

La missione in esame consisteva nell‘inviare una sonda verso il punto in cui si era calcolato che lo sciame meteoritico delle Leonidi sarebbe entrato nell‘atmosfera terrestre e direttamente da questa zona registrarne l‘ingresso sia con una telecamera ottica nel visibile, che con un radio ricevitore tarato per le onde molto lunghe, in inglese definite Very Long Frequency (Vlf) le frequenze che vanno da 30  khz giù fino a 300 hz.


L‘aggiunta di questo ricevitore e l‘idea di farlo volare direttamente nel punto d‘interesse fu accettato dalla Nasa come l‘aspetto qualificante di questa e di molte successive missioni anche non collegate con le meteoriti ma pur sempre tese allo studio di eventi non indotti dall'uomo che si sviluppano nell'atmosfera. 

Fino ad allora lo studio delle meteoriti e le sue eventuali connessioni radio era stato si studiato, ma con ricevitori posti a terra o su satellite e quindi mai nel punto interessato all‘evento.


Dato che il progetto in questione fu opera del sottoscritto, la Nasa decise di dedicare la missione a mia figlia Marina e questo è il motivo del nome dato alla missione.


Il risultato sono molte ore di registrazione che sono state sotto esame per diversi anni ma ancora non possiamo affermare di aver avuto una risposta scientificamente definitiva alla domanda se le meteoriti sono rilevabili a radio frequenza bassissima. 

In questo caso siamo al livello di ricerca di base, ma non possiamo escludere che anche da queste analisi potranno scaturire importanti ricadute per la nostra vita di tutti i giorni o per altre ricerche spaziali come ve ne sono state per tutte le missioni, dai propellenti e i materiali un tempo fantascientifici e che ora sono usati nelle carrozzerie delle nostre auto o di taluni strumenti musicali, nelle montature dei nostri occhiali, nei forni a microonde, fino ai sistemi con cui teniamo sotto controllo il meteo e una serie quasi infinita di grandi e (apparentemente) piccole evoluzioni che la nostra vita tecnologica, medica e scientifica qui sulla Terra ha subìto grazie alla ricerca spaziale.


Ivi compresa la possibilità di conoscere i rischi che dallo spazio arrivano sia in forma solida, sia sotto forma di particelle che comportano importanti aspetti legati alla nostra vita sulla terra. dall'influenzare +/- negativamente le nostre trasmissioni radio, fino ad arrivare a mettere a rischio la nostra salute, come ci rammentano spesso gli astronauti.


La missione Marina fu condotta per la parte teorica dal centro di volo spaziale di Goddard, di cui sono coordinatore europeo per il Progetto Inspire (dedicato allo studio delle onde Vlf) e operativamente dal centro di volo spaziale Marshall in Alabama. Qui il responsabile fu il fisico del plasma Dennis Gallagher con cui da allora ho mantenuto uno stretto legame collaborando in successive occasioni, inclusa la ricerca nella valle di Hessdalen.


Per la cronaca, inviai al centro di volo spaziale di Goddard il mio progetto il 14 agosto 1999 e soltanto 20 giorni dopo il centro di Marshall metteva mano ai lavori. 


Credo si tratti di un record, specie se consideriamo il periodo estivo! Ma dobbiamo dare atto al modo assai rapido e concreto con cui la Nasa approccia le proposte di studio che da varie parti le pervengono.  Anche se giungono dall'Italia!



* Il presente articolo è parte di una Conferenza tenuta al Rotary Club Firenze Sud in data 12 Gennaio 2010.