Autore: Flavio Gori
La mattina del 16 marzo 1978, se ben ricordo, a Firenze il
cielo era plumbeo, forse pioviccicava. Mi trovavo negli uffici
dell'allora Banca d'America e d'Italia, in centro e qualcuno diceva
che Aldo Moro era stato rapito. Non si sapeva ancora da chi, nè
se fosse vero, ma all'epoca veniva spontaneo immaginare che potessero
essere gli uomini delle Brigate Rosse, per usare una terminologia
che di li a poche settimane sarebbe stata usata da Papa Paolo
VI quando si decise ad un timido intervento per cercare di salvare
la vita del suo amico Aldo Moro. Timido, ma uno dei pochi appelli
che vi furono da parte degli amici altolocati del presidente della
Democrazia Cristiana.
Per rapire il Presidente della Democrazia Cristiana nella mattina
in cui stava per vedere la luce uno dei suoi più importanti
progetti, il Governo reso possibile dall'astensione del Partito
Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, le Brigate Rosse avevano
deciso di agire con decisione massima, non lasciando niente al
caso e, soprattutto, avevano ucciso i cinque agenti della scorta
di Moro con una precisione non comune dovendo agire in tempi molto
brevi e senza torcere un capello al leader DC. Certamente un attacco
ben preparato sia dal lato militare che logistico e che rese possibile
la fuga del commando senza lasciare tracce sul momento utili.
Volatilizzati, disintegrati.
La vita parve fermarsi. I Sindacati confederali, CGIL-CISL e UIL,
dichiararono immediatamente uno sciopero generale a cui partecipò
un numero altissimo di lavoratori e, forse anche per la pioggerella
di cui dicevo, venne a crearsi una situazione cupa, oppressiva.
Qualcosa di molto grave ma anche di poco trasparente era accaduto
e nessuno aveva ben chiaro cosa poteva accadere di li a breve:
un colpo di stato militare? Il crollo della Repubblica? Della
Democrazia? O che altro?
Pian piano le strade andarono svuotandosi, i pochi rumori, il
cielo plumbeo e la poca voglia di parlare mentre radio e tv ripetevano
contnuamente quello che era successo nella mattina romana, illustravano
bene una situazione grave politicamente e socialmente. Il presente
ed il futuro di questa Nazione uscita dal fascismo grazie ad una
poderosa azione e la determinazione del suo popolo prima ancora
che per l'aiuto comunque importantissimo delle forze alleate,
si trovava in una situazione di potenziale pericolo immediato
per la propria democrazia.
Le Brigate Rosse erano state in grado di rapire uno dei politici
più influenti della Repubblica, uccidere gli agenti della
sua scorta e sparire senza che le Forze dell'Ordine avessero avuto
sentore di quello che si stava preparando e (nelle settimane a
seguire si capì che ) non erano poi in grado di scovare
il nascondiglio in cui i brigatisti tenevano prigioniero il Presidente
del partito che deteneva il potere in Italia dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale?
Ricordo il senso di cupa tristezza, preoccupazione che pervase me stesso e buona parte della popolazione italiana.
Il giorno successivo compivo 23 anni, ma all'epoca l'attenzione
che i giovani avevano nei confronti della politica era assai maggiore
che non adesso e mi ritrovai immerso in una serie infinita di
discussioni in ogni parte organizzate.
In realtà non si trattava certo di organizzazioni ufficiali
o semi-ufficiali. Era un evento così sentito da parte della
gente, che appena due persone s'incontravano non potevano esimersi
da uno scambio d'idee, di richiesta d'informazioni aggiornate,
qualora ve ne fossero. Dato che l'era di Internet era ben lontana
dall'essere immaginata, le informazioni potevano arrivare dalla
televisione o dalla radio. A meno di non avere un amico a Roma
che poteva telefonare qualche aggiornamento a casa o in ufficio.
I cellulari non erano stati inventati.
Dato che all'epoca la gente si occupava attivamente di politica
al contrario di quello che sarebbe accaduto negli anni seguenti
(e forse l'affaire Moro è stato una sorta di spartiacque
verso una concezione meno attenta alla vita sociale e politica
e più versata e influenzata (se non guidata) verso il privato,
con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, anche coloro
che non si riconoscevano nelle idee politiche dell'Onorevole Moro,
a lui riconoscevano comunque una sensibilità, una capacità
politica davvero rara per il periodo, figuriamoci per l'attuale.
Per questo la vicinanza al travaglio di Moro e della sua famiglia
fu forte e molti avevano coscienza che la sua sorte avrebbe segnato
il futuro a breve e medio termine (se non di più) della
nostra Nazione.
D'altronde era difficile non cogliere il significato intrinseco
di un rapimento compiuto il giorno in cui il Governo voluto da
Moro e Berlinguer e reso possibile dall'astensione comunista,
andava alle Camere.
Grazie a questo Governo ci si poteva aspettare uno spostamento
a sinistra nella vita politica italiana, certamente scaturito
dalle continue vittorie del PCI nelle elezioni che erano avvenute
negli anni precedenti e in particolare dal 1975 in poi.
Nonostante questi avanzamenti del maggiore partito comunista dell'Europa
Occidentale, erano ancora molte e forti le resistenze che in varie
parti dell'Occidente si evidenziavano a proposito del ruolo di
Aldo Moro che certi vedevano come un traghettatore dei comunisti
dall'opposione ai margini interni del Governo.
In particolare alcuni rappresentanti degli Stati Uniti non sembravano
affatto convinti dell'opportuntià di avere Enrico Berlinguer
nelle stanze del potere, nonostante l'indipendenza politica che
il PCI aveva più volte dimostrato nei confronti dell'Unione
Sovietica, all'epoca rivale acerrima degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti erano in grado di smuovere anche altri personaggi
(italiani e non solo) per contrastare l'avvicinamento del Partito
Comunista verso il potere legislativo e, come dimostrato in altre
aree del mondo (il Cile nei primi anni '70, ad esempio), gli USA
non si erano dimostrati arrendevoli quando c'era di mezzo il potere
alla sinistra o, per meglio dire, quando il potere di una certa
area sembrava sfuggire loro di mano. A oggi non credo comunque
si possa dire che sia stato accertato un impegno americano in
proposito che vada oltre il legittimo contrasto politico.
Aldo Moro era perfettamente a conoscenza delle problematiche che
provenivano dall'interno e dall'estero, ma era altrettanto conscio
che una fetta d'italiani assai rilevante non poteva più
essere messa da parte ed era necessario procedere per fare finalmente
avere all'Italia un Governo capace di governare e quindi capace
di proporre e mettere in atto tutte le necessarie riforme, anziché
continuare ad agire su base limitata e ristretta come si stava
facendo da fin troppo tempo, anche a causa di Governi deboli e
soggetti a cadere con grande facilità.
Da parte del PCI il segretario Enrico Berlinguer sembrava essere
la persona giusta con cui intavolare una proficua discussione
da cui poter trovare un accordo ad ampio raggio per dare il via
ad una (e forse più) legislatura che potesse finalmente
giungere alla sua naturale conclusione..
Sembravano essere le persone in grado di coinvolgere i maggiori
partiti italiani in quella forma di Governo che sarebbe stata
definita Compromesso Storico, ovvero una forma associativa
in cui entrambi rinunciavano a qualcosa che faceva parte del loro
DNA per il bene dell'Italia. Il livello culturale, etico e politico
di Moro e Berlinguer era tale da poter assicurare un buon grado
di governabilità.
Detto questo è anche opportuno guardare oltre la storiografia
ufficiale e la cronaca degli avvenimenti per cercare di penetrare
meglio alcuni spunti della politica della seconda metà
degli anni '70 e da questo punto di vista non mi sento di escludere
che, col rapimento Moro, Enrico Berlinguer sia stato in qualche
modo ingabbiato nel suo stesso personaggio dalle circostanze che
si erano venute a creare o che qualcuno aveva artatamente messo
in atto.
In effetti il segretario comunista che nel periodo in esame vedeva
spesso messa in dubbio la sua effettiva capacità e volontà
di fermezza, indipendenza e lontananza politica dal partito comunista
sovietico, avrebbe avuto delle difficoltà a parteggiare
per il partito della trattativa senza mettere in crisi la sua
immagine di uomo di stato integerrimo che si era sino ad allora
costruito.
Ma se non avesse trattato per la vita di Aldo Moro avrebbe perso
l'unico referente affidabile per la realizzazione del suo progetto
all'interno del partito democratico cristiano.
Una trappola in cui era forse caduto giorno per giorno, cercando
di dimostrare la sua (e del suo partito) affidabilità.
In realtà qualcuno con quelle continue richieste di conferma
lo stava facendo cadere in una trappola dalla quale non sarebbe
stato facile uscire quando se ne fosse presentata l'occasione
giusta, come in effetti fu il rapimento di Aldo Moro.
A un certo punto Berlinguer si è trovato davanti a una
scelta che, comunque avesse agito, avrebbe tolto importanti mattoni,
fondamentali alla sua costruzione:
Se avesse ceduto alla trattiva avrebbe forse salvato la vita del
suo interlocutore principe presso la DC, ma sarebbe stato probabilmente
sopraffatto dalle critiche, rischiando di vanificare il lavoro
precedente e dovendo ricostruire la sua immagine e quella del
PCI;
Se non avesse ceduto alla richiesta di trattativa, non avrebbe
salvato la vita di Moro e seppure salva la sua immagine, non avrebbe
più avuto la persona con cui proseguire il lavoro iniziato.
E' pertanto ipotizzabile che nel momento stesso in cui si compie il rapimento di Aldo Moro, il progetto del Compromesso Storico ha la sua fine segnata.
Nel caso in cui tale trappola sia stata effettivamente
costruita da chiunque poteva avere interesse a che non si concretizzasse
il Governo DC-PCI, dobbiamo riconoscere che questi era stato in
grado di costruire una situazione nella quale non era affatto
facile muoversi senza mettere a repentaglio o la vita di Aldo
Moro (con cui Berlinguer aveva a lungo e con profitto collaborato
per l'accordo, solo superficialmente oggi realizzato dal Partito
Democratico che ha unito i nipoti politici dei due leader), o
la figura politica di Enrico Berlinguer.
Un colpo da maestro portato a compimento da chi era contrario
al Governo DC-PCI.
In questi 30 anni abbiamo sentito e letto di tutto. Da parte nostra
vogliamo solo confermare i dubbi che da privato cittadino, da
osservatore dei fatti, ritengo lecito avanzare: in via Fani potrebbero
aver agito anche membri di organizzazioni diverse dalle BR. La
gestione del sequestro potrebbe esser stata svolta dalle BR con
aiuti (non necessariamente diretti) da parte di elementi esterni
all'organizzazione.
E' opportuno ricordare che se anche l'intera operazione fosse
stata progettata ed eseguita dalle BR, non mi sento affatto di
escludere che sia stata in qualche modo facilitata e resa possibile
da elementi estranei all'organizzazione italiana, anche se quest'ultima
non ne fosse stata a conoscenza. Non sarebbe il primo caso, certe
cose accadono anche perché le si lasciano accadere.
In questo scenario non è assurdo sostenere che certe figure potrebbero aver condotto la situazione fino al punto di non ritorno ed aver costretto/convinto i carcerieri brigatisti a portare alle estreme conseguenze il rapimento dell'uomo politico democristiano, contrabbandando l'uccisione dell'ostaggio come un atto da inqudrare nella logica del partito combattente. In realtà l'uccisione era confacente a equilibri di carattere assai diverso.
Resta il fatto che Aldo Moro fu paradossalmente ucciso proprio
quando divenne chiaro che un suo rientro nella vita politica italiana
sarebbe stato il vero attacco al cuore dello Stato che
le BR dicevano di volere. Il contenuto delle lettere dello statista
quando era prigioniero avevano avuto l'effetto di una bomba che
in qualche modo era stata disinnescata grazie al concetto che
Moro era costretto a scrivere certe cose dai suoi carcerieri.
Una volta che Aldo Moro fosse tornato in libertà ed avesse
potuto smascherare di persona certe dichiarazioni dei suoi ormai
ex amici, la bomba politica sarebbe esplosa in tutta la sua potenza
nel teatrino della politica italiana che in larga parte si era
dichiarata contraria a qualunque trattativa per la sua liberazione,
nascondendosi dietro alla foglia di fico della fermezza in un
Paese in cui successive azioni dimostrarono in maniera incontrovertibile
che si poteva agire in maniera diversa (caso Cirillo). Perché
dunque questa diversità nell'agire?
E dunque la domanda: a chi conveniva politicamente che Moro fosse
rilasciato vivo? Alle Brigate Rosse, ad esempio.
Ma Aldo Moro fu ucciso con un atto che condannò alla fine la lotta armata, i cui propugnatori dimostrarono una cecità politica straordinaria ridando vigore al potere politico che poche settimane prima sembrava sul punto di collassare.
Oggi, marzo 2008, alcune domande del 1978 sono tuttora ben attuali
e senza risposta da parte delle Brigate Rosse, dallo Stato o dai
partiti:
Perché fu ucciso Aldo Moro? Da chi? Dove fu tenuto prigioniero?
Da chi?
30 anni non sono stati sufficienti per avere risposte certe.
Noi possiamo solo osservare che la nebbia che impedisce di vedere chiaramente come e perché le cose si sono svolte, è tuttora presente, come lo è per il caso Mattei, Piazza Fontana a Milano, l'aereo di Ustica, la bomba alla stazione di Bologna, il rogo del traghetto Moby Prince al porto di Livorno e qualche altro caso italiano.
Casi irrisolti, o irrisolvibili, per definizione.