Una nuova collaborazione per LoScrittoio.it, ancora una volta, e con orgoglio, ci sentiamo di definirla importante. Anna Tozzi Di Marco viene a raccontarci di un settore di studio che ancora ci mancava ed assolutamente affascinate come l'Antropologia.
La prima volta che abbiamo avuto notizia di Anna risale solo alla metà dello scorso mese di Agosto, ma la particolarità del suo lavoro e della sua ricerca, ci ha spinto ad avere subito maggiori informazioni. Da lì a proporle un articolo per la nostra Rivista il passo è stato breve ed Anna è stata così gentile da accettare di buon grado. Leggiamo la sua breve auto presentazione qui sotto e poi, a seguire, il suo interessante contributo. Vi sorprenderà, come ha fatto con noi. Buona lettura.

 

Anna Tozzi Di Marco. Antropologa culturale.  

Orizzonti di ricerca:antropologia simbolica, antropologia visuale, antropologia religiosa, rituali funebri. Vivo tra la Città dei Morti del Cairo (necropoli abitata, tuttora in funzione di sepoltura) e Roma. Ho un'attività nel campo del turismo sostenibile con visite guidate e stage nella necropoli, che cercano di costruire una feconda interazione tra la popolazione locale e i visitatori, volta allo scambio e alla conoscenza delle reciproche culture d'appartenenza.

Il mio sito web per ulteriori informazioni è: http://www.cittadeimorti.com

Ho all'attivo un progetto con l'Unesco per la realizzazione di un centro di documentazione ed artigianato nella necropoli cairota per la conservazione delle tradizioni e dei saperi locali, ed in cantiere un altro progetto nel campo dell'antropologia medica sulla medicina tradizionale egiziana. Inoltre svolgo ed organizzo conferenze e mostre sulla cultura egiziana contemporanea, anche in una prospettiva comparativa con le altre civiltà del Mediterraneo, antiche e moderne, in particolare il Meridione d'Italia. Credo molto nel mio lavoro che svolgo con molta passione e tenacia come tutte le cose della mia vita perchè fondamentalmente sono un'idealista e penso che un altro mondo sia possbile. A tal proposito cerco di essere sempre molto coerente con i miei ideali nella pratica di vita.

Il mio motto è una frase di Italo Calvino: "E' nostro dovere tentare di vivere all'altezza dei nostri sogni"

 

 

NOTTI DI RAMADAN:

Sogni e Turismo sostenibile nella Città dei Morti del Cairo in Egitto.

 

Autore: Anna Tozzi Di Marco

Fra circa un mese nei paesi musulmani e per i credenti di tale religione, sparsi nel mondo, si avvicina il Ramadan, il mese di digiuno che si conclude con una delle festività islamiche più importanti. In Egitto, al Cairo nella "Città dei Morti", il cimitero musulmano cittadino abitato ma tuttora in funzione di sepoltura, il Ramadan conserva ancora quell'atmosfera magica descritta nei numerosi romanzi dello scrittore egiziano, premio nobel, Mahfuz. Tradizioni arcaiche che risalgono all'epoca fatimida recuperano melodie ed aure da Mille e una notte. Le strade si colorano di festoni da una parte all'altra dei muri delle tombe, i vicoli in terra battuta sono illuminati da lanterne dorate, fanus, le moschee si adornano di filari di luci colorate, le case sprigionano gli aromi degli atayef, i dolci tipici del Ramadan. Le notti sono lunghe e chiassose, i caffè sono animati da vivaci discussioni tra una shisha, la pipa ad acqua, ed una partita a domino. Perfino i tassisti, quando torno a casa a notte tarda, addentrandosi nei meandri della necropoli, non hanno più paura d'incontrare un afrit, specie di fantasma girovago tra i sepolcri. All'annunciarsi dell'aurora si ode la voce e il tamburo del masaraat, tipico personaggio di un'epoca quando non esistevano orologi. Al suono ritmico della tabla percorre tutta la città dei morti ed avverte che si avvicina il tempo del digiuno. Allora si procede con l'ultimo pasto, o il primo se si vuole, del giorno, il sohoor a base di fool, le fave, e yougurt.

Finito il desinare cala la quiete, si potrebbe dire un silenzio tombale!! Non rimane che dormire poche ore fino a mattino inoltrato. Si dorme e si sogna. D'altronde lo stesso Ramadan celebra la rivelazione del Corano dettato a Maometto durante un sogno. Sembrerebbe così che anche i sogni come mitologie, leggende, rituali e culti facciano parte di quel patrimonio immateriale che ogni cultura eredita dal proprio passato storico. Sogni e visioni ipnagogiche sono alla base di religioni monoteistiche e non. Alcune tipologie di sogni, non solo il loro contenuto e significato bensì la stessa attività del sognare e i suoi artefici istituzionali, possiedono una medesima radice mediterranea al di là e al di qua del mare nostrum. Strumento di comunicazione tra l'inconscio e la propria coscienza, tra il sovrannaturale e l'umano, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tralasciando l'interpretazione psicanalitica, l'attività onirica ha sempre avuto un ruolo sociale fondamentale in tutte le civiltà. In quelle antiche il sogno si manifestava in precise istituzioni culturali, quali i rituali magico-terapeutici, i riti d'iniziazione, le cerimonie sciamaniche, gli oracoli.

Scegliere il sogno come terreno d'osservazione di una civiltà ci rende antropologi ed osservati nello stesso tempo. Inseguivo un sogno ancora non pienamente realizzatosi, quando nel gennaio del 1998 giunsi nella "Città dei Morti" del Cairo. Immaginavo ed anelavo a stabilirmi in una tomba-casa per poter meglio comprendere le dinamiche inerenti al processo di inurbamento di tale sito e il mondo dei defunti nella società egiziana.

Inizia così la mia avventura onirica ad occhi aperti, alla scoperta dei valori che sottendono alla coabitazione tra vivi e morti in questa comunità. Gli antichi Egizi ritenevano i sogni messaggi divini, invocandoli con la tecnica dell'incubazione, anche nel caso di malattie. Quelli del faraone invece, erano a carattere profetico, e venivano seguiti per prendere decisioni importanti. Così il rito dell'incubazione nell'antichità era diffuso in tutto il Mediterraneo.
Nella Grecia classica si praticava nell'incubatoio, un luogo misto tra ospedale e santuario, mentre nel nostro Meridione avveniva presso le tombe, ad esempio nella Sardegna nuragica presso quelle degli eroi. Ancora oggi avviene nei santuari. Vi è quindi tutta una cultura della visione notturna connessa al sacro e quindi al culto dei defunti, intermediari con il sovrannaturale, testimonianza di una coabitazione tra i due mondi seppure temporanea. Qui nella "Città dei Morti" cairota sussiste anche un'altra tipologia di sogni. La percezione che i locali hanno di qualsiasi straniero/a occidentale, quale simbolo ambivalente di peccato e di modernità aspirata, ne determina un atteggiamento duplice. Da una parte l'occidentale costituisce un miraggio da raggiungere nel livello materiale di vita e dall'altro, in special modo una donna occidentale sola, un modello sociale perturbante.
Ma i sogni della "Città dei morti" sono anche quelli dei bambini che giocano tra le tombe, nel veder librare in cielo gli aquiloni costruiti con i pochi mezzi di fortuna. Così nelle notti d'incubazione nel mio domicilio "funebre" ecco un'intuizione, sussurratami chissà dall'aldilà, forse da un ginn benigno (spiritello della tradizione popolare): un microprogetto di sviluppo e gestione del territorio da parte della comunità residente, di cui visite antropologiche, di approfondimento e valorizzazione della cultura locale di tale necropoli che già attualmente conduco, e uno stage costituiscono un primo passo e parte fondante di un progetto più ampio. Una feconda attività onirica: sogni strumento di comunicazione con i defunti, sogni di emancipazione sociale ed economica della gente residente, sogni miei con il progetto di sviluppo sostenibile.